domenica 31 maggio 2015

Ossido di zinco – Perchè non è autorizzato il suo utilizzo come filtro solare?

Ossido di zinco – Perchè non è autorizzato il suo utilizzo come filtro solare?

Ossido di zinco – Perchè non è autorizzato il suo utilizzo come filtro solare?

Gianfranca mi scrive:
.. scrivo per chiedere info su un filtro solare,l’ossido di zinco. Di norma si può usare nei solari!? Pensavo non fosse possibile….

L’ossido di zinco non solo non è un filtro solare autorizzato, ma il regolamento recita esplicitamente (art.14) che i prodotti cosmetici non possono contenere Filtri UV diversi da quelli elencati nell’Allegato VI .
Non a caso, per quanto ne so, nessuna grande impresa commercializza nella UE cosmetici solari basati sull’ossido di zinco. Inoltre l’efficienza filtrante cioè il rapporto tra concentrazione e SPF dell’ossido di zinco è molto inferiore a quella del biossido di titanio, quasi la metà; quindi per realizzare SPF molto alti con solo l’ossido di zinco se ne dovrebbe mettere concentrazioni altissime, roba da fango semisolido, altroché latte o crema.
La questione finisce qui, visto che non sono richieste approvazioni prima della messa sul mercato di un cosmetico, le aziende che decidono di commercializzare solari basati sull’ossido di zinco lo fanno assumendosi rischio e responsabilità per la sicurezza del prodotto e conformità al regolamento.

Ma la domanda che magari interesserà solo poche menti cosmeticamente disturbate è:
perché non è tra filtri solari autorizzati nel cosmetico, cioè nella lista dell’allegato VI del Regolamento ?

È uno dei pochi ingredienti cosmetici che può vantare l’utilizzo e quindi test su centinaia di milioni di persone e per centinaia di anni.
Filtra sia gli UVA che gli UVB. È autorizzato in molti paesi USA, Canada, Giappone, Australia ma da noi la severa commissione che valuta gli effetti sulla salute dei diversi ingredienti cosmetici non l’ha inserito nell’allegato VI del Regolamento.
L’industria chimica e cosmetica europea da anni sta cercando senza successo di farlo inserire nella lista dei Filtri Solari autorizzati.
La commissione che decide quali ingredienti inserire negli allegati si è sempre rifiutata di farlo. Vediamo cosa succederà ora che, ormai 17 mesi fa, il comitato scientifico SCCS si è pronunciato:
” the use of ZnO nanoparticles with the characteristics as indicated below, at a concentration up to 25% as a UV-filter in sunscreens, can be considered not to pose a risk of adverse effects in humans after dermal application.”

Tra le caratteristiche dell’Ossido di zinco oggetto di questa opinione scientifica c’è anche in un apposito addendum
“ZnO nanoparticles that are either uncoated or coated with triethoxycaprylylsilane, dimethicone, dimethoxydiphenylsilanetriethoxycaprylylsilane cross-polymer, or octyl triethoxy silane. Other cosmetic ingredients can be used as coatings as long as they are demonstrated to the SCCS to be safe and do not affect the particle properties related to behaviour and/or effects, compared to the nanomaterials covered in the current opinion “.
Da notare che l’SCCS considera sicuro l’ossido di zinco usato come “colorante” in ogni altro cosmetico e che:
“Any cosmetic products containing ZnO particles (nano or non-nano) with coatings that can promote dermal penetration will also be of concern.”
Va chiarito che sono ben diversi i ruoli della commissione che decide e legifera e del comitato che esprime opinioni scientifiche.
Sul perché ci sia una così grande resistenza alle pressioni della industria chimica e cosmetica che chiede di inserire l’ossido di zinco tra i filtri solari, l’unica risposta corretta è:

non lo so.

La domanda può essere posta anche in altri termini:
Cosa hanno trovato che non va nell’ossido di zinco quelli della commissione europea che invece non hanno trovato analoghi organi regolatori americani, australiani o giapponesi ?
Risposta analoga.
Posso fare solo congetture.
- Il comitato scientifico è molto più sensibile alle problematiche ambientali di tanti nostri guru dell’ecologia e marche che cavalcano con gioia e profitto il “greenwashing”.
Le ragioni per cui l'ossido di zinco debba essere considerato un ingrediente eco-bio vanno ricercate negli imperscrutabili meandri del marketing cosmetico
L’ossido di zinco è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l’ambiente acquatico.

La tossicità su organismi di altre specie non comporta la tossicità per l’uomo, che infatti è relativamente bassa, è comunque indicativa del fatto che non va maneggiato con leggerezza.
ECHA – RISK ASSESSMENT REPORT : ZINC OXIDE
I filtri solari metallici sono semiconduttori, ottimi fotocatalizzatori ed hanno una notevole fotoattività, cioè irraggiati possono “stimolare” molte reazioni radicaliche .
Qui però si dovrebbe capire perché il TiO2, per certi aspetti un fotocatalizzatore ancor più efficiente, è autorizzato mentre il ZnO no.
L’ossido di zinco è anfotero, reagisce diversamente in ambiente acido e basico. Se non ricordo male anche il TiO2 lo è, ma la sua reattività al pH cutaneo è molto inferiore. In sostanza le reazioni dell’Ossido di zinco sono più probabili, la sola esposizione all’umidità e anidride carbonica dell’aria può formare carbonato di zinco.
Se lo metti a contatto con acidi grassi e una molecola d’acqua saponifica , nelle lozioni dermatologiche con idrocortisone e prednisolone può reagire e “degradarli”.
Come altri ossidi metallici è normalmente contaminato da altri metalli.
La questione delle tracce “inevitabili” di metalli tossici nel cosmetico non è chiaramente normata.
In paesi come il Canada le massime concentrazioni di metalli tossici nei cosmetici sono definite chiaramente, non così nell’Unione europea dove il problema si riconduce alla responsabilità ed alle buone procedure della produzione (GMP) ed ad eventuali, rarissimi, controlli sul mercato.
Già nella fase estrattiva dello zinco ( galena + blenda ) il piombo ed altri metalli sono presenti .
Anche l’ossido di zinco di maggior purezza può contenere più di 10 ppm di piombo.
Il fatto che la materia prima risponda ai requisiti della farmacopea europea non garantisce che le tracce di piombo siano molto inferiori.
Visto che il piombo è uno dei metalli tossici la cui presenza nel cosmetico produce più preoccupazioni ( vedi piombo nei rossetti ) le sue tracce devono essere attentamente monitorate quando si utilizza un ingrediente che le contiene.
Le lavorazioni per realizzare ossido di zinco in forma nano possono comportare una riduzione delle tracce di altri metalli tossici ma chi produce cosmetici con questo tipo di ossidi metallici dovrebbe monitorare attentamente la presenza di metalli tossici.
Penso che la commissione europea sia particolarmente sensibile al problema non normato delle impurità nocive che possono trovarsi in un ingrediente cosmetico, altrimenti non si spiegherebbe l’inserimento del petrolatum e affini nella lista delle sostanze “proibite”.
L’ossido di zinco può penetrare ?
L’argomento penetrazione cutanea è il più controverso.
Nello studio più recente, 2014, su animali ( faccio notare la cosa visto che tanti consumatori comprano i cosmetici influenzati dall’ingannevole claim: NON TESTATO SU ANIMALI ) Dermal absorption and short-term biological impact in hairless mice from sunscreens containing zinc oxide nano- or larger particles si è notato che penetra, anche di forma non nano.
Ci sono ricerche in vitro e su animali, umani e non, che dicono che penetra, che non penetra, che penetra solo un po’, che penetra solo se è nano, che penetra se formulato in una certa maniera ecc.
Non ho certo le competenze per discutere questa valanga di dati in parte contrastanti.

La mia opinione è che Lo zinco, in forma ossido, agisca prima di tutto come barriera, visto che è un metallo la chiamerei “armatura”, ma che un po’ penetri anche, magari non in forma ossido. Visto che la possibile penetrazione è ampiamente sotto la soglia per cui è considerato sicuro come micronutriente, non mi preoccuperei molto delle possibili reazioni.
L’ossido di zinco è un patrimonio secolare della cosmesi.
È insensato far la guerra alle sostanze così come amarle.
Tutto dipende da noi e da come le utilizziamo.

Rodolfo Baraldini

pubblicato 29 maggio 2015

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venerdì 29 maggio 2015

Scegliere il MIGLIOR cosmetico per BABY

Scegliere il MIGLIOR cosmetico per BABY

Scegliere il MIGLIOR cosmetico per BABY

Prima di affrontare altri argomenti più tecnici che mi hanno chiesto di approfondire, ritengo giusto sintetizzare alcune indicazioni su come scegliere un cosmetico per BABY.
1° Il consumatore, per quanto sia consapevole e creda di capire qualcosa di un cosmetico leggendo l’etichetta, comunque si deve affidare ad un produttore o una marca cosmetica.
Il segmento del cosmetico per BABY è in forte crescita e rappresenta per molte marche una quota rilevante di fatturato. Hanno stimato che il giro d’affari dei cosmetici per Baby è molto superiore a quello dei prodotti riconosciuti dal Servizio Sanitario per uso pediatrico.
2° I cosmetici per BABY richiederebbero valutazioni del rischio specifiche, considerato anche che la principale motivazione di acquisto di un cosmetico reclamizzato come per BABY  per il consumatore è quasi sempre il desiderio di una maggiore sicurezza e compatibilità con pelli delicate e sensibili.
Ovviamente non esiste il cosmetico per BABY migliore in assoluto; ognuno ha aspettative diverse ed il consumatore che vuole il cosmetico con la confezione a righe rosse e nere lo preferirà , considerandolo migliore del prodotto a righe rosse e blu.

Qualsiasi cosa si applichi sulla pelle dei bambini provoca reazioni particolari perché la pelle dei bambini è diversa da quella degli adulti.
  1. È piu’ sottile.
  2. Produce meno sebo
  3. Produce meno sudore.
  4. Il rapporto peso/superficie e’ molto inferiore, quindi il potenziale tossico delle sostanze applicate per via topica e’ piu’ alto .
  5. Ha una maggiore densità di follicoli piliferi che possono facilitare l’ingresso degli ingredienti .
  6. È estremamente più reattiva ad una ampia gamma di prodotti.
  7. È meno pigmentata ( pigmentazione facoltativa).
  8. La texture è più fine e densa.
  9. Il pH è più alto ( nei neonati).
  10. Il contenuto di acqua nello strato corneo è più alto e sono maggiori velocità di assorbimento o rilascio dell’acqua con una conseguente maggiore TEWL.
Queste differenze, sono le principali che mi vengono in mente, si riassumono grossolanamente notando che la funzione barriera cutanea ed il sistema immunitario non sono maturi e si formano lentamente nel corso dei primi anni di vita.
Queste differenze tra la pelle dei baby e quella degli adulti sono maggiori quando minore è l’età.
L’offerta di cosmetici per baby in genere non distingue chiaramente le diverse fascie di età. Raramente il consumatore in un cosmetico reclamizzato per BABY può distinguere se è concepito per neonati ( approx: da 0 a 6 mesi) per infanti ( approx: da 6 mesi a 3 anni ) o per bambini ( approx fino a 12 anni ).
Il parametro “tossicologico” del rapporto tra peso e superficie corporea aumenta secondo Renwick :
  • 2.3 volte alla nascita,
  • 1.8 volte a 6 mesi,
  • 1.6 volte a 12 mesi,
  • 1.5 volte a 5 anni,
  • 1.3 volte a 10 anni.
Nonostante queste differenze tra adulti e baby , le linee guida e la normativa europea non dettano specifiche più cautelative nella formulazione di cosmetici destinati ai baby.
Inoltre nei cosmetici per BABY si deve considerare il rischio di ingestione o utilizzo improprio del cosmetico.  Difficile far capire ai BABY che il cosmetico non va mangiato e che le manine con cui se lo sono spalmato non vanno messe in bocca.
Eppure per l’SCCS, il comitato scientifico europeo, il margine di sicurezza pari a 100 normalmente utilizzato per considerare sicuro per gli adulti un ingrediente cosmetico, vale anche per i BABY.
Non tutti condividono questo approccio e anche la norma per alcune sostanze fissa restrizioni specifiche nella massima concentrazione legate all’età dell’utilizzatore.
Molto attuale la richiesta di valutare una riduzione delle massime concentrazioni ammesse per il PHENOXYETHANOL nei cosmetici per infanti.
Il Consiglio d’Europa, nel 2012, ha deliberato per maggiori restrizioni relative alla sicurezza dei cosmetici destinati agli infanti.

Risoluzione del Consiglio d'Europa: Sui criteri di sicurezza dei cosmetici destinati ad infanti

https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1920257
Resolution CM/ResAP(2012)1 on safety criteria for cosmetic products intended for infants
1 (Adopted by the Committee of Ministers on 14 March 2012 at the 1137th meeting of the Ministers’ Deputies)
The Committee of Ministers, in its composition restricted to the representatives of the States Parties to the Convention on the Elaboration of a European Pharmacopoeia
2 (“the Convention”), Recalling the Declaration and Action Plan adopted by the Third Summit of Heads of State and Government of the Council of Europe (Warsaw 16-17 May 2005) – Chapter III “Building a more humane and inclusive Europe”,
Article 1 “Ensuring social cohesion”, in particular laying down protection of health as a social human right and an essential condition for social cohesion and economic stability; Recalling Resolution Res(59)23 of 16 November 1959 extending the activities of the Council of Europe in the Social and Public Health field on the basis of a Partial Agreement, and Resolutions Res(96)34 and Res(96)35 of 2 October 1996 revising the rules of the Partial Agreement; Having regard to the decisions, taken by the Committee of Ministers at its meeting on 2 July 2008 (CM/Del/Dec(2008)1031/6.1), to dissolve the Partial Agreement in the Social and Public Health Field and to transfer activities related to cosmetics and food packaging to the European Directorate for the Quality of Medicines and HealthCare (EDQM) as of 1 January 2009, whereby the EDQM became responsible for developing harmonised approaches to ensure product quality and safety in the areas of cosmetic products and packaging materials for food and pharmaceutical products; Considering the efforts made over several years (under the former Council of Europe Partial Agreement in the Social and Public Health Field) to improve the safe use of cosmetics; Recalling Resolution ResAP(2005)4 on sun protection products to optimise consumer protection; Recalling Resolution ResAP(2006)1 on a vigilance system for undesirable effects of cosmetic products (“cosmetovigilance”); Recalling the Council of Europe Safety Survey on Active Ingredients used in Cosmetics (published in March 2008); Recalling the Council of Europe Publications on Plants in Cosmetics (Vol. I published in September 2002; Vol. II published in September 2001; Vol. III published in September 2006); Considering that a high level of health protection should be ensured for children; Considering the generally positive attitude towards baby products and their benefits with the resulting risk of excessive use beyond hygienic purposes, in terms of the number of products used as well as the quantity used of the individual products; Considering that cosmetic products may be ingested orally by infants due to specific behaviours including sucking and licking of hands, arms and feet; Considering also that various cosmetics of the “leave-on” type are applied several times every day and that their ingredients may accumulate over time and contribute to long-term toxicities that are difficult to assess; Recognising that infants are more sensitive to certain toxic effects of chemicals and, therefore, that special attention should be paid to the safety of cosmetic products that are intended to be used on them; Acknowledging that several organs and vital physiological functions undergo significant development during childhood; Being convinced that safety assessors and responsible persons for cosmetic products intended for infants will benefit from the specific recommendations laid down in a guidance document elaborated by the Committee of Experts on Cosmetic Products (P-SC-COS); Taking into account the valuable contribution made by the Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS) through their notes of guidance for the testing of cosmetic ingredients and their safety evaluation,
3 Also taking into account Council Directive 76/768/EEC and Regulation (EC) No. 1223/2009 that lay down specific requirements for cosmetics for children under the age of three and that form the basis of the guidance document elaborated by the Committee of Experts on Cosmetic Products (P-SC-COS); Recommends to the governments of States Parties to the Conventionthat they adopt legislative and other measures aimed at reducing the health risks for infants, arising from exposure to cosmetic products and their ingredients, according to the principles set out in the appendix to this resolution. These recommendations shall not prevent governments from maintaining or adopting national measures that implement stricter rules and regulations.
Appendix to Resolution CM/ResAP(2012)1
   Article 1. Definitions Cosmetic product – a product that complies with the definition given in Regulation (EC) No. 1223/2009 of 30 November 2009 on cosmetic products. Cosmetic ingredient – any natural or synthetic substance or mixture that has been selected and intentionally added to the product composition. Infant – a child under the age of three years.
 Article 2. Scope The provisions of this resolution relate to all cosmetic products placed on the market in one or more States Parties to the Convention that are intended or can reasonably be expected to be applied to infants for cosmetic purposes.
 Article 3. General requirements 
3.1 A cosmetic product intended for use on infants should be safe for his or her health when it is being used under normal and foreseeable conditions, taking into consideration the physiological characteristics, application area and infant-specific behaviour that may increase exposure to certain substances or to their toxic effects. 
3.2 The product should comply with the basic requirements for cosmetic ingredients and finished cosmetic products, notably Regulation (EC) No. 1223/2009, and should follow the general principles stated in the Notes of Guidance for the Testing of Cosmetic Ingredients and their Safety Evaluation (SCCS).
3.3 The presentation of a cosmetic product intended for use on infants, and in particular its form, odour, colour, appearance, packaging, labelling, volume or size, should not endanger their health and safety due to confusion with food.
3.4 The cosmetic product should contain no more than a strict minimum number of ingredients;
the following substances (including impurities) should not be present:
- substances with carcinogenic or mutagenic properties or substances that are toxic for reproduction (CMR),
- substances with endocrine disrupting activity,
- substances that are candidates for inclusion in Annex XIV of Regulation (EC) No. 1907/2006 (REACH),
- substances that are potent allergens.
3.5 Substances used in replacement of the substances stated above should adhere to the same safety criteria described herein.
3.6 The unintended presence of impurities or traces thereof, originating from raw materials, packaging materials, manufacturing process or from chemical changes or interactions in the finished product should be assessed.
3.7 Preservatives should be used at the lowest efficient concentrations.
3.8 The maximum tolerable concentration indicated in the guidance document for certain ingredients such as terpenes should not be exceeded.
3.9 The container and packaging of the cosmetic product should provide appropriate protection to ensure physicochemical stability and avoid microbiological contamination during storage, distribution and use. The materials used should be inert and should not release any toxic substances into the product.
Article 4. Risk assessment
4.1 When assessing risk, the exposure scenario should account for long-term toxicity and, as far as possible, cumulative daily exposure to the same ingredients originating from different sources.
4.2 On the basis of the toxicological data or in the absence of sufficient data, additional uncertainty factors proportionate to the degree of potential risk should be applied if there is reasonable cause for assuming higher sensitivity of an infant to a given substance.
Article 5. Documentation
5.1 The specific safety assessment of cosmetic products for infants should be documented as required by Regulation (EC) No. 1223/2009 and made readily accessible to the competent authorities.
5.2 Sufficient data on the toxicity profile of each ingredient, notably data reported in scientific literature, should be documented.
Article 6. Labelling The instructions for use and general precautionary measures on the label should be sufficiently clear to ensure the safe use of the product and, in particular, to avoid any misuse.
Article 7. Guidance document To support the implementation of the provisions of this resolution, a guidance document has been prepared by the Committee of Experts on Cosmetic Products (P-SC-COS), approved by the Consumer Health Protection Committee (CD-P-SC) and is available from the European Directorate for the Quality of Medicines and HealthCare (EDQM), a directorate of the Council of Europe. This guidance document will be regularly updated.
1 In the resolution and the guidance document that supplements it, the term “infant” is used to mean all children under the age of three.
2 States concerned: Austria, Belgium, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Denmark, Estonia, Finland, France, Germany, Greece, Hungary, Iceland, Ireland, Italy, Latvia, Lithuania, Luxembourg, Malta, Montenegro, Netherlands, Norway, Poland, Portugal, Romania, Serbia, Slovak Republic, Slovenia, Spain, Sweden, Switzerland, “the former Yugoslav Republic of Macedonia”, Turkey and United Kingdom.
3 The SCCS’s Notes of Guidance for the Testing of Cosmetic Ingredients and their Safety Evaluation, 7th revision, SCCS/1416/11 (2011).
Peccato che le delibere del Consiglio d’Europa non siano norme applicative e che si traducano sostanzialmente solo in una raccomandazione ai governi europei.
Quindi , allo stato attuale, nel regolamento cosmetico che chi mette un cosmetico sul mercato dovrebbe rispettare, non esiste uno specifico quadro normativo per i cosmetici per bambini.
I consumatori non penso sappiano  che un cosmetico per bambini è normato come un qualunque altro cosmetico. Il cosmetico viene messo sul mercato senza controlli della autorità sanitaria ed autorizzazioni preventive. La responsabilità della sua sicurezza è in capo alla persona responsabile che ha l’incarico di redigere, aggiornare e conservare
  • Documentazione Informativa
  • Relazione di Sicurezza
  • Valutazione di sicurezza
Come per tutti gli altri cosmetici il consumatore  si deve affidare alla serietà, competenza ed  onestà della marca/produttore/venditore ed al generico sistema di norme e controlli che regolano il cosmetico.
Alcune aziende possono adottare parametri di sicurezza molto più rigidi di quelli utilizzati per i cosmetici per adulti. Analisi della purezza delle materie prime, margini di sicurezza molto più alti di 100 per tutti gli ingredienti “discutibili”, test specifici in vivo ed in vitro del potenziale irritativo ecc…
Purtroppo queste scelte sono a discrezione della competenza e disponibilità del produttore e ogni marca all’interno delle norme può decidere di adottare politiche di qualità più o meno restrittive o precauzionarie.
Dermatologi e pediatri sono sempre più spesso chiamati a dare consigli se non a prescrivere/suggerire cosmetici per BABY e pur essendo professionalmente “lontani” dalla cosmetologia hanno cominciato a delineare quelle che possono essere considerate vere e proprie linee guida della cosmesi pediatrica.

Criteri per la scelta dei topici in età pediatrica -Gelmetti, CLEUP 2001-

  1. Le materie prime usate dovrebbero essere di elevata purezza
  2. Le materie prime ed il prodotto finito non dovrebbero essere allergizzanti
  3. Le materie prime ed il prodotto finito dovrebbero essere sicuri, sotto il profilo tossicologico , in caso di uso improprio.
  4. Il prodotto finito dovrebbe essere stabile
  5. Il prodotto finito non dovrebbe avere un odore sgradevole
  6. Il prodotto finito dovrebbe essere di facile applicabilità
  7. I profumi dovrebbero essere evitati
  8. I coloranti dovrebbero essere evitati
  9. I conservanti dovrebbero essere evitati
  10. In ogni caso sarebbe meglio usare topici i più semplici possibili.
Non mi basta che i prodotti si autoproclamino come delicati o per BABY.
Do per scontato, nonostante il livello di controlli sul mercato non mi sembri particolarmente alto, che il cosmetico sia stato concepito con un particolare occhio alla sua sicurezza visto il tipo di pelle su cui deve essere applicato.
Come consumatore anch’io  devo comunque affidarmi ad una marca ma ho criteri che posso utilizzare nel scegliere un cosmetico per BABY basandomi su ciò che può comunicare una marca anziché un’altra.
TRASPARENZA : sono portato a preferire, ma questo vale per tutti i cosmetici, non solo per quelli BABY, le marche che comunicano dettagliatamente, anche sul loro sito web: caratteristiche, qualità e avvertenze.
Più è accurata e affidabile la comunicazione, più posso immaginare che siano accurate le procedure interne di qualità e sicurezza.
Non è un requisito esclusivo, molte marche puntano sul loro prestigio e sulla immagine . Questo non significa che non abbiano prodotti sicuri e di qualità. Resta il fatto che io preferisco i prodotti che promuovono una scelta consapevole ed informata.

PRODOTTI SEMPLICI : è sempre difficile stimare il rapporto rischio-beneficio da quello che comunica il venditore, ma un cosmetico per BABY dovrebbe avere pochi fronzoli e contenere il minimo di ingredienti funzionali. Più è lunga la lista ingredienti, più è probabile che contenga ingredienti emozionali messi lì solo per vendere il cosmetico o ingredienti utili solo a migliorarne l’aspetto o la piacevolezza. Inoltre, più è lunga la lista ingredienti, più sono le variabili da considerare nella valutazione dei rischi. Alcuni ingredienti sono sistemi molto complessi composti da centinaia di sostanze diverse di cui è estremamente difficile valutare la purezza e conseguentemente la sicurezza. Anche per questa ragione non mi piacciono particolarmente gli oli essenziali nei cosmetici per BABY.  Anche il profumo è composto da decine se non centinaia di sostanze diverse. In un cosmetico per BABY il profumo è il tipico ingrediente in più,  salvo  rarissimi casi. Come ad esempio quando l’odore del cosmetico senza profumo è insopportabile. Tutti gli ingredienti destinati ad abbellire e rendere più vendibile il cosmetico, come i coloranti, dovrebbero essere minimizzati e preferibilmente eliminati.

CONSERVANTI, FILTRI SOLARI, COLORANTI NON ELENCATI NEGLI ALLEGATI O NON VALIDATI DAL SCCS. Conservanti, filtri solari e coloranti nel cosmetico sono gli unici ingredienti funzionali di cui esistono liste positive nel regolamento cosmetico. In sostanza , visto quanto sono più rilevanti per la sicurezza del prodotto e per la salute del suo utilizzatore, la commissione europea prima di inserire uno di questi ingredienti nelle liste di quelli ammessi , svolge accurate e imparziali valutazioni della loro sicurezza e delle condizioni in cui possono essere utilizzati. Questo non succede per tutti gli altri 18000 ingredienti cosmetici non elencati come ingredienti ammessi per quelle specifiche funzioni.
Se i produttori di ingredienti cosmetici spendono centinaia di migliaia di euro per ottenere la registrazione di questi ingredienti nelle liste dei conservati, filtri solari e coloranti “autorizzati” dal regolamento cosmetico c’è una ragione; solo i filtri solari, i conservanti ed i coloranti elencati nei rispettivi allegati sono ammessi per essere utilizzati con quella funzione.
Considero le valutazioni della sicurezza degli ingredienti inseriti nelle liste positive ( gli allegati IV, VI e VII del regolamento ) molto più affidabili ed imparziali di quelle fatte da un qualche produttore di materie prime o di cosmetici. Sintetizzando a titolo di esempio, visto l’approccio cautelativo che ritengo indispensabile in un cosmetico per baby,  non comprerei cosmetici baby conservati con estratto di lonicera, con filtri solari basati sulla pongamia o sull’orizanolo, o colorati con l’henna. Tutti ingredienti molto di moda, ma non elencati nel regolamento tra gli ingredienti ammessi per quella funzione.
Senza contare che  mi ispira diffidenza la comunicazione di chi , per vendere, parla di SENZA CONSERVANTI, e utilizza conservanti alternativi non registrati, SENZA FILTRI CHIMICI e utilizza filtri chimici di origine naturale o naturalmente identici, ma anche chi vanta il cosmetico BABY come SENZA PROFUMI per poi inserire in formula ingredienti profumanti .

DATA DI SCADENZA: la data di scadenza, comunque , anche superiore ai 30 mesi e con il PAO,  è un indicatore oltre che del fatto che il produttore è disposto ad accollarsi maggiori costi commerciali e di distribuzione senza spacciare per eterni i propri prodotti, del fatto che probabilmente sono stati minimizzati i conservanti.

ALLERGENI: non posso sapere a priori se e cosa può scatenare allergie in un BABY, ma a livello precauzionario posso evitare di esporre la sua pelle a sostanze che sono allergeni o apteni per una quota significativa della popolazione. La norma specifica di inserire in etichetta alcuni potenziali allergeni ed il consumatore può evitare di comprare il prodotto se li riconosce in etichetta. Ma nei cosmetici per BABY si dovrebbe valutare anche il rischio  di altri allergeni molto comuni: nickel, propoli, proteine vegetali e animali, che anche a livello minimo di impurezze possono portare a sensitizzazione.

TESTATO DERMATOLOGICAMENTE PER PELLI SENSIBILI: il cosmetico dovrebbe essere testato per la pelle dei baby più delicata e sensibile . Le aziende non sono obbligate a comunicare al consumatore se e quali test sono stati condotti. Un normale patch test su adulti non è rassicurante come test appositi per pelli sensibili ed altri test specifici. Alcune marche utilizzano la dizione “Testato dermatologicamente con supervisione pediatrica” che non è la stessa cosa , ma che è comunque preferibile al generico ” testato dermatologicamente”. La comunicazione su test appositi, condotti per verificare la compatibilità del prodotto con la pelle dei BABY permette al consumatore di non scervellarsi per capire dalla lista ingredienti se per caso non ci sono troppi ingredienti in grado di indebolire la barriera cutanea, sostanze con potenziale irritativo ecc.

Rodolfo Baraldini

pubblicato 14 agosto 2014

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Riferimenti:
Giorgio Panin: Principi di Cosmesi Pediatrica

domenica 24 maggio 2015

Olaplex: farà sfaceli tra i parrucchieri ?

Olaplex: farà sfaceli tra i parrucchieri ?

Olaplex: farà sfaceli tra i parrucchieri ?

Paolo mi scrive:
..- Sta per essere lanciato sul mercato italiano un prodotto proveniente dagli USA che promette sfaceli, il prodotto si chiama OLAPLEX e pare che negli States stia dominando. In pratica è un addittivo da aggiungere al colore e al decolorante che promette (e pare che lo faccia veramente…) di ricostruire i ponti disolfuri dei capelli fino ad una completa ristrutturazione dei capelli anche distrutti.
Promessa roboante come vedi…. Come tutte le cose miracolose a me (che ho smesso di credere in Babbo Natale da un pezzo) puzzano sempre di fregatura, io sono un semplice parrucchiere che adora studiare la chimica cosmetica ma ho evidenti limiti di base che riconosco tranquillamente, L’INCI del prodotto principale dichiara questo, solo due sostanze:
AQUA
BIS-AMINOPROPYL DIGLYCOL DIMALEATE
Questa misteriosa molecola non è presente nella lista Cosing Cosmetics europea e da ricerche che ho fatto, pare sia un brevetto dell’azienda proprietaria del marchio Olaplex, ben 8 sono i brevetti.
Quando verra lanciato in Italia il prodotto avrà una penetrazione pazzesca sul mercato parrucchieri ma non vorrei che fosse simile alla storia delle stirature brasiliane che alla fine contenevano fino al 10% di formaldeide.
…l’unica spiegazione che ho trovato è in questo sito:
Qui la scheda di sicurezza:
Da notare che il numero CAS indicato nella scheda di sicurezza l’ho cercato nel sito ufficiale CAS ma non ve n’è traccia, ne con il numero ne con il nome della molecola.

Bello vedere quanto un “semplice parrucchiere” si dia da fare per capire seriamente cosa ci stia dietro ai prodotti cosmetici che deve/può utilizzare.
Complimenti sinceri.
Vediamo se posso aggiungere qualche informazione e se le mie opinioni , da “semplice blogger” , possono essere utili.

Cosa raccontano dell’Olaplex.
“This ingredient was created by Dr. Craig Hawker, director of the California Nanosystems Institute and co-director of the Materials Research Lab at the University of California Santa Barbara, along with Dr. Eric Pressley, staff scientist. The pair of scientists worked with the owner of the company called Olaplex, Dean Cristal, to develop an active ingredient that repairs hair and prevents damage during the hair coloring process.”
http://www.olaplex.com/
Olaplex FAQ
Fondata da Dean Cristal nel 2008 la LIQWD titolare del marchio Olaplex e dei brevetti non brilla in trasparenza ed il suo stile di comunicazione mi ricorda più le “americanate” che la grande innovazione tecnologica. Capisco che professionisti esperti abbiano qualche perplessità. La headline racconta di un ingrediente che cambia tutto : ” one ingredient changes everything ”
Nella comunicazione ai professionisti compare frequentemente la keyword: “assicurazione”, come ad evocare l’idea che possano esserci incidenti sul lavoro quando si trattano i capelli.
Nel sito internet c’è anche una bozza di disco vendita destinato ai parrucchieri per spiegargli come farsi pagare ( una piccola caduta di stile ):
HOW TO CHARGE FOR OLAPLEX
Ask your client if they would like a “Color Service Upgrade”.
The client will ask, “what is it”?
Your response “Olaplex is going to make your hair stronger, healthier, and your color will last longer. I’ll mix the Bond Multiplier No.1 directly into your color and then apply the No.2 Bond Perfector before we shampoo. Then I’ll give you a bottle of the No.3
Take Home Hair Perfector that is part of this professional service that you’ll use once a week.
It will make a huge difference in the health of your hair.
The charge is…”
Come tutte le foto prima e dopo, ha un grande potere di persuasione, ma non sapendo il contesto e le condizioni in cui queste immagini vengono ricavate è naturale avere qualche perplessità. Il capello a destra ricorda molto l'effetto di trattamenti con i tioglicolati .

Funziona ?

Dean Cristal sfrutta molto il tam tam su internet, testimonial presi tra coloristi e parrucchieri. Ma anche la supercazzola scientifica, con lunghi discorsi su ponti disulfide, nel dialetto chimico italiano li chiamano disolfuri, che verrebbero distrutti e ricostruiti, reazioni di ossidazione e riduzione , accettori di Michael.
Conosco pochi chimici che sanno cosa sono questi accettori.
Sulla reale efficacia, verificata con test rigorosi, non trovo quasi nulla.
Un brevetto non certifica né l’efficacia né la sicurezza di una invenzione.
Anche i test riportati nei brevetti LIQWD, con tutti i limiti di credibilità che hanno i test pubblicati nei brevetti , parlano di : “A noticeable difference in hair quality between Swatch 1 and Swatch 2 was observed. Swatch 1 hair was softer, less frizzy, appeared hydrated, with more shine than the control, Swatch 2. “.
Insomma si parla di risultati ” apparenti ” più che di risultati misurabili e verificabili.
Dean Cristal e Andre del ABCH alla fine si sono messi d'accordo
Non sono disponibili test indipendenti a parte quelli, non molto scientifici, eseguiti dalla Associazione dei Coloristi Americani ABCH, che dopo una pesante  stroncatura  del prodotto poi hanno ritrattato, diventando poi quasi  sponsor del trattamento.
Mancando dati verificabili, posso solo valutare il razionale che sta dietro al disco vendita del prodotto.
La spiegazione chimica di come potrebbe funzionare è convincente.

Le ricerche a supporto che ho trovato sono vecchiotte, fanno riferimento ad un paper del 1956 di Moore e Ward. .
Molti altri paper scientifici fanno riferimento alle bismaleimide per le reazioni con cisteina e proteine .
Nei laboratori dove pasticciano con le proteine, questo tipo di reagenti sono conosciuti. Per le applicazioni industriali ci sono più riferimenti nel trattamento dei capelli di pecora, alias lana, che nel trattamento dei capelli umani; ma la chimica è molto simile. Non mancano poi brevetti dove tra i due “agganci” derivati dall’acido maleico hanno messo cromofori, pigmenti o filtri UV. Penso che il potenziale di questa tecnologia per colorazioni o filtri UV long lasting sia notevole e forse tra qualche anno diventeranno uno standard.
Concludendo, anche se il Bis-Aminopropyl Diglycol Dimaleate dell’Olaplex è una sostanza relativamente “nuova”, è simile ad altre che effettivamente quel lavoro di congiungersi/interporsi con i ponti disulfide rotti, per qualsiasi ragione nei capelli, potrebbero davvero farlo.
La comunicazione Olaplex non chiarisce se si parla di ponti intermolecolari o intramolecolari .
Non si trovano test scientifici come quelli che vengono normalmente condotti per verificare l’hair swelling : perdita di proteine col lavaggio ecc..
Non sono indicati neppure i risultati dei tipici test per sostenere i claim antirottura dei capelli che le marche cosmetiche conduco   con apparecchiature che piegano  o pettinano ripetutamente le ciocche di capelli trattate.
Sono misurazioni semplici e standardizzate, relativamente poco costose . Sorprende che di un prodotto professionale che vanta risultati così evidenti ed eclatanti non vengano forniti  questi elementi a supporto dei claims.
Insomma ci si deve fidare di Dean Cristal e delle testimonianze  che rimbalzano in rete .
Sapendo che la molecola potrebbe davvero  interporsi come ponte non è poi detto che questo comporti una effettiva riduzione delle rotture nei capelli. Non sempre i fenomeni micro hanno un riflesso macro.
Un’altra perplessità riguarda la sicurezza e me la stimola l’etichetta .
Mancano nella lista ingredienti i conservanti peraltro indicati nella scheda di sicurezza.
Phenoxiethanol e Sodium benzoate devono comparire in etichetta. La scheda di sicurezza che ho consultato, uno spartano ipse dixit, fa intendere che tutto va bene. Ma si sta parlando di una molecola “nuova” di cui non sono disponibili dati certi tossicologici. Non c’è la LD50 ( tra l’altro vantando che non sono stati eseguiti test su animali neppure sarebbe possibile averla). Di un NOAEL , una stima della concentrazione sotto cui non si osservano reazione avverse, neppure parlarne. Viste le norme sulla sicurezza del cosmetico in USA molto meno severe di quelle europee chi lo importerà e lo metterà sul mercato nella UE si assumerà precise responsabilità . Non ho neanche lontanamente le competenze di un tossicologo, ma nel dubbio, visto che non costa molta fatica, consiglierei di evitarne con cura il contatto con la pelle.
Concludendo:
credo che come pensa Paolo l’Olaplex possa fare grandi numeri anche in Europa.
Sono troppi gli elementi di fascinazione: la novità dall’ America, la start up che sfida i grandi gruppi ecc. ecc..
Ho qualche dubbio sulla consistenza della domanda: è vero che i professionisti della acconciatura e della colorazione “sentono” il problema delle rotture durante i trattamenti, ma è meno scontato che il consumatore finale sia disposto a pagare di più, oltre la prima volta, visto che nel mercato stanno crescendo trattamenti e prodotti, come balsami e colorazioni a base oleosa, che in parte già abbattono, ed è verificabile, il rischio rotture.
Solo chi proverà il prodotto può verificare se soddisfa adeguatamente le enormi aspettative che crea.

Rodolfo Baraldini

pubblicato 05 maggio 2015

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Riferimenti:
brevetti LIQWD
20150034117 METHODS FOR FIXING HAIR AND SKIN
20150034119 Hair Color Smoothing Compositions and Methods
20150037270 Compositions and Kits for Hair and Skin
20150037271 Methods for Fixing Hair and Skin
20140102469 METHODS AND COMPOSITIONS FOR BONDING SILICONE POLYMERS TO HAIR AND NAILS

sabato 23 maggio 2015

SOLE BUONO O CATTIVO

COSMETICI SOLARI: 1a parte – SOLE BUONO O CATTIVO

SOLE BUONO O CATTIVO

SOLARI BUONI O CATTIVI ?
Siamo agli inizi della stagione estiva e al solito i cosmetici solari tornano sugli scaffali .
Blog , forum e mezzi pubblicitari ne parlano continuamente.
Visto che di alcuni nonsense collegati ai cosmetici solari abbiamo saltuariamente già parlato, proporrei un sunto a puntate sull’argomento.
1° SOLE BUONO O CATTIVO
2° LA BUFALA DEI SOLARI FISICI E CHIMICI, BUONI E CATTIVI
3° SI PUO’ FORMULARE UN COSMETICO SOLARE GREEN, CON SOLO FILTRI SOLARI BIOLOGICI ?

SOLE BUONO E SOLE CATTIVO.


Tanta confusione e cattiva informazione sui cosmetici solari potrebbe circolare in quanto a monte non è chiaro per nulla se il sole fa bene o fa male ed ancor meno chiari e conosciuti al grande pubblico sono i meccanismi con cui la radiazione solare interagisce con i nostri tessuti e la nostra fisiologia .

Quella che chiamiamo comunemente luce è una radiazione elettromagnetica ( la stessa dei raggi x, dei forni a microonde o dei telefonini ) solo che questa radiazione elettromagnetica noi la vediamo e percepiamo con diversi colori in funzione della lunghezza d’onda. Quelli che noi chiamiamo ultravioletti , sono la stessa identica radiazione composta simbolicamente  da fotoni, ma con una lunghezza d’onda inferiore, rispetto a quella che vediamo . Queste radiazioni elettromagnetiche interagiscono con i tessuti umani e con le cellule viventi essenzialmente cedendo energia ed accelerando alcune reazioni chimiche, biochimiche e fotochimiche. Alcune di queste reazioni sono fondamentali per la vita , alcune sono dannose. A costo di diventare noiosi, lo slogan: è la dose che fa il veleno o il rimedio, vale anche in questo caso.
VISTO CHE DAI RAGGI X AL LONTANO INFRAROSSO DI UN TERMOSIFONE SEMPRE DI FOTONI SI TRATTA, PERCHE’ ALCUNI SONO PIU’ DANNOSI ?
Non c’è una risposta semplice , ma c’è una evidenza nel fatto che più è corta la lunghezza d’onda più la radiazione elettromagnetica trasferisce energia a cellule e tessuti, potendo innescare reazioni biochimiche . Quindi una intensa luce blu ( 450 nm ) può arrecare danni alla retina dell’occhio più di una luce rossa ( 600 nm ) di pari intensità.
Se il fotone, cede più facilmente energia, allora penetra di meno, così si spiega anche perché gli eventuali danni cutanei indotti o accelerati dagli UVA sono più profondi. SEMPLICE NO ? Un ultravioletto molto corto (200 nm), può trasferire più energia di un ultravioletto vicino alla luce visibile ( 380 nm ) .
Quindi per una azione germicida e antimicrobica si possono utilizzare lampade che emettono attorno ai 200 nm ( UVC ) piuttosto che lampade a luce nera ( lampade di wood a 380 nm ) o led blu ( 460 nm ).
Una delle reazioni chimiche che ormai tutti conoscono è proprio quella che porta al formarsi dell’ozono negli strati alti dell’atmosfera, assorbendo l’energia dei raggi UVC e gran parte dei raggi UVB che il sole emette.
PER SEMPLIFICARE, si è universalmente adottata una classificazione dei raggi ultravioletti che venne decisa ad un congresso di fisici del secolo scorso. Uno scienziato portò al congresso 3 campioni di vetro A,B,C evidenziando come un certo tipo di vetro ( ad esempio il normale boro-silicato ) facesse passare anche alcuni raggi ultravioletti che da allora vennero chiamati ultravioletti A. Un altro campione di vetro faceva passare raggi di lunghezza d’onda minore , che da allora vennero chiamati B. Un altro ancora , come il quarzo, faceva passare anche quelli più corti ancora, che da allora vennero chiamati C. Non ricordo il nome del fisico che scelse queste definizioni. E’ un fatto che le definizioni UVA, UVB, UVC non c’entravano proprio nulla con la eventuale nocività rispetto ai tessuti umani o con altre reazioni foto-chimiche che coinvolgono gli organismi viventi.
CI SONO MOLTISSIME REAZIONI FOTOCHIMICHE “BUONE” E SONO DAVANTI AGLI OCCHI DI TUTTI, in un caso, DENTRO AGLI OCCHI DI TUTTI. La trasformazione della retinaldehyde è alla base della nostra vista. Noi non vedremmo se il fotone che colpisce la retina ( dalla retina dell’occhio vengono i nomi dell’acido retinoico e tutti i derivati ) non innescasse una reazione fotochimica. La sintesi della vitamina D, la sintesi clorofilliana e via di seguito sono tutte reazioni fotochimiche “buone ” dove l’energia ceduta dalla luce è fondamentale.
QUANDO  FA MALE ?
Pensando alle lampade germicide è evidente  che radiazioni ultraviolette a “più alta energia” come gli  UVC hanno una azione sostanzialmente biocida e se scomparisse lo strato di ozono, la vita sulla terra come noi la conosciamo probabilmente scomparirebbe definitivamente.
Con lunghezze d’onda maggiori, più vicine alla luce visibile gli effetti sono diversi.
Infatti si passa da un effetto mutageno e cancerogeno , in sostanza si scassa il DNA delle cellule, ad una serie di effetti che possono riassumersi con una accelerazione dell’invecchiamento cutaneo.
Con IL FOTOINVECCHIAMENTO si ha una evidenza maggiore e precoce degli inestetismi dell’invecchiamento.

APPROFONDIMENTO PHOTOAGING, in inglese


Da anni nei congressi di dermatologia e cosmesi circolano paper e foto, quasi aneddotiche, sugli effetti del fotoinvecchiamento.
Sono in genere dermatoheliosi unilaterali, cioè danni da fotoinvecchiamento su un solo lato del viso, in genere di autisti di camion e taxi che hanno esposto a lungo un solo lato del viso alla radiazione solare.
Taxista parigina, se non ricordo male, donna, con evidenti segni di fotoinvecchiamento sul lato sinistro del viso, il lato del finestrino.
I casi più vistosi mostravano un invecchiamento apparente del viso almeno 20 anni maggiore nel lato esposto alle radiazioni solari.
Da notare che il vetro dei finestrini si comporta come un filtro che blocca gli UVB, come si può dedurre dal fatto che in auto a finestrini chiusi non ci si abbronza, ma che può far passare gli UVA.


Photoinvecchiamento: autista di camion http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMicm1104059
Concludendo:
Una sovraesposizione ai raggi ultravioletti arreca sicuramente dei danni , tanto più gravi tanto maggiore è il tempo di esposizione, l’intensità della radiazione ultravioletta, l’energia trasferita dal fotone (minor lunghezza d’onda=maggiore energia trasferita).
I danni estetici del photoinvecchiamento possono essere rilevanti.
Chi soffre di tanoressia, ovvero del bisogno compulsivo di abbronzarsi, evidentemente non percepisce quanto gravi possano essere i danni da sovraesposizione alla radiazione ultravioletta.

Rodolfo Baraldini
Pubblicato il 2 Giugno 2013