martedì 7 aprile 2015

MYTH-BUSTER: Olio di Rosa Mosqueta

MYTH-BUSTER: Olio di Rosa Mosqueta

MYTH-BUSTER: Olio di Rosa Mosqueta


Non ha avuto il successo marketing dell’olio di Argan, ma a suo modo è stato un precursore della moda degli oli esotici nella cosmesi ed ha caratterizzato intere linee di prodotti cosmetici. E’ un olio molto particolare, di un bel colore che va da un tenue rosato ad un intenso salmone che proviene dal Chile.
Cosa è in realtà.
Rose hip oil adds numerous benefits in facial skin care.La Rosa Mosqueta non è una pianta rara che cresce solo in Chile, anzi, tecnicamente non è neppure UNA pianta.
Infatti il nome ROSA MOSQUETA non è altro che la definizione popolare che si utilizza in Chile, ma anche in Argentina ed in altri paesi sudamericani di lingua spagnola per chiamare qualunque Rosa Selvatica, con frutto.
Sono infatti quelle che in inglese e nell’INCI CTFA sono classificate come ROSE HIP ( cioè rose con frutto ).
Il nome botanico con cui sono note in praticamente tutto il modo queste piante è : ROSA CANINA, ROSA EGLANTERA ( di cui ROSA Affinis RUBIGINOSA è un sinonimo ) ROSA MOSCHATA, ROSA MAJALIS e altre…
In Chile arrivarono con i conquistadores .
Valutazione delle diverse specie di rosa selvatica in Chile
Visto che la rosa selvatica si può trovare  in quasi tutto il mondo con clima temperato , perchè il Chile ?
Il Chile è stato uno dei primi paesi dove la rosa selvatica è stata coltivata intensivamente. Fino a pochi decenni fa era considerata una pianta infestante, poi si è aperto il mercato degli infusi-the di rosa canina e più recentemente di “frutti rossi”.
Questo mercato ha sviluppato flussi importanti di bacche e polpa disidratata dal Chile verso l’Europa.
Per soddisfare questo mercato in concorrenza con i tradizionali produttori centroeuropei, la raccolta da piante spontanee era impensabile.
CASCARILLA
polpa disidratata cascarilla di rosa mosqueta
 
Solo a metà degli anni 80 si è cominciato ad utilizzare lo scarto della produzione delle polpe deidratate (cascarilla), i semi, estraendone un olio.
I principali produttori di olio di rosa mosqueta, per anni oltre il 70% dell’olio di rosa mosqueta cileno era in realtà prodotto da LONCOPAN SA,  non hanno mai avuto problemi a definirlo come olio di ROSA CANINA, visto che la fornitura di polpe disidratate all’industria alimentare richiedeva quel nome.

coltivazione intensiva di rosa mosqueta

Solo dopo il 2000 per esigenze marketing si è cercato di differenziare l’olio costruendo un valore paese associato al nome tradizionale ROSA MOSQUETA.
In realtà delle 3 piante di rosa selvatica che in Chile vengono chiamate ROSA MOSQUETA, con una coltivazione che secondo Sudzuki copriva già  nel 1995 oltre 17000 ettari, la più diffusa è la ROSA EGLANTERIA,  alias ROSA affinis RUBIGINOSA. ( op.cit. Sudzuki, F. 1995. Como cultivar la rosa mosqueta (Rosa eglanteria). Chile Agrícola )
Queste distinzioni tra diverse piante con diversi nomi sono in realtà irrilevanti visto che, a parità di sistema di estrazione/raffinazione e di area coltivata, gli oli prodotti dalle tre specie di rosa selvatica sono sostanzialmente uguali sia come contenuto e distribuzione di acidi gassi , sia come contenuto di steroli e carotenoidi.

raccolta meccanizzata di rosa mosqueta

La coltivazione intensiva di ROSA RUBIGINOSA e CANINA al posto della MOSCHATA è stata motivata dalla diversa resa e redditività.
Il gruppo COESAM (specializzato nella produzione di frutta forestale )  ha oggi in Chile oltre 2000 ettari coltivati a ROSA selvatica , con piante selezionate geneticamente e brevettate.
Dal 2005 hanno cominciato a sperimentare le tecniche di propagazione in vitro.
La resa nella produzione dell’olio è comunque molto bassa ed il business si giustifica solo per fatto che la materia prima non costa praticamente nulla essendo lo scarto della produzione delle polpe disidratate di rosa canina per l’industria alimentare e per il sovrapprezzo marketing che il mercato cosmetico è disposto a pagare per un olio “emozionale”.

La controversia sull'acido retinoico: c'è o non c'è?

Una prima ricerca, scientificamente poco accreditata ( SOTO, G.: «Caracterización del aceite crudo de semilla de rosa de mosqueta (Rosa aff. Rubiginosa L.)». Tesis doctoral. Universidad de Concepción, 1978. ) individuò nell’olio di rosa mosqueta la presenza di acido retinoico.
Visto che molte altre analisi di questi oli ( rose hip oils) di acido retinoico non ne trovavano traccia ( King College, London ) successivamente una controversa ricerca a firma Berta Pereja ne confermava la presenza e gli attribuiva la principale funzionalità farmacologica-cosmetologica.
Questa ricerca (  link alla ricerca ) , molto discussa sia per la metodica analitica utilizzata (UV_VIS) sia per le conclusioni un po’ sommarie che ne venivano tratte, ha avuto sia conferme (analisi della SGS Chile,10-09-1993 ), sia smentite.
Individuare la eventuale presenza di acido retinoico all’interno di una miscela complessa di carotenoidi e apocarotenoidi non deve essere cosa semplice.
Tutti ( si fa per dire, intendo: più o meno tutti ) sanno che molti carotenoidi sono nell’uomo precursori dell’acido retinoico, appositamente trasformati da enzimi “animali” in apocarotenoidi , acido retinoico e retinolo. Da questo la definizione di PROVITAMINA A data al ß-carotene.
La funzione della vitamina A negli animali è fondamentale, non solo per la vista . Interviene infatti nella formazione dell’embrione e nella proliferazione cellulare.
Non tutti sanno che l’analogo dell’acido retinoico nel mondo vegetale è l’acido abscissico, una forma methylata per molti versi affine, che svolge analoghe funzioni nella fase di formazione e crescita della pianta, soprattutto nella “dormienza” dal seme.
Anche l’acido abscissico deriva da un processo che parte da carotenoidi e grazie ad enzimi  Catoretoind cyclooxygenase si trasformerebbero in apocarotenoidi e alla fine in acido abscissico.
La domanda che ovviamente si sono posti molti curiosi come me è: come fa una pianta a produrre un ormone tipicamente animale, anziché il suo specifico ormone vegetale ?
Il dubbio resta; alcune analisi segnalano la presenza di acido retinoico in tracce anche in altri oli vegetali di famiglie diverse dalle rosaceae.
Ma la questione è: se l’acido retinoico nell’olio di rosa mosqueta davvero c’è, fa qualcosa ?
La risposta è NO.
1° se davvero ci fosse e fosse in concentrazioni tali da esplicare una qualche attività sul metabolismo cutaneo, l’olio di rosa mosqueta non potrebbe essere utilizzato a fini cosmetici essendo l’acido retinoico tra le sostanze assolutamente bandite nel cosmetico dalla direttiva e dal regolamento europeo. ( se date una occhiata alle statistiche sulle malformazioni alla nascita da acido retinoico-trietinoina, nonostante tutte le precauzioni ed avvertenze con cui viene oggi somministrato qualunque farmaco basato su questa molecola, comprendete che la limitazione-bando del regolamento cosmetico ha ottime ragioni per essere imposto )
2° Le analisi con metodiche scientifiche un po’ più accurate che ricercavano l’acido retinoico negli oli di rosa mosqueta- rose hip oils ne hanno segnalato tracce dell’ordine di 1 ppm ( analisi NMR eseguita alla Princeton University ) max 0,35 ppm (analisi HPLC dell’università di Valparaiso ).
Per intenderci sul significato di 1ppm, se si ipotizza di applicare 1 mg/cm2 di olio di rosa mosqueta puro sulla pelle , l’eventuale acido retinoico sarebbe circa 0,000000001 g/cm2 .
Qualità dell’olio di rosa mosqueta.
Premesso che è irrilevante il vero nome della pianta dai cui frutti viene estratto , gli oli di rosa mosqueta – rose hip oils cambiano sensibilmente la loro qualità in funzione della metodica di estrazione e raffinazione.
La produzione ha una bassissima resa, da una tonnellata di frutti della rosa selvatica si ricavano 230 kg di semi, da questi 15 kg scarsi di olio se estratto a caldo con solventi. Con processi a freddo la resa quasi si dimezza.
L’estrazione con solventi tipici comporta utilizzando solventi poco polari una maggior quantità di phenoli che comportano una maggiore stabilità ossidativa degli oli ma anche un maggiore schiarimento dei carotenoidi.
L’estrazione a freddo comporta un colore salmone più intenso ma anche una maggiore percentuale di acidi grassi liberi. (NB: Il colore salmone non identifica automaticamente la estrazione a freddo, visto che si può ottenere anche con altri processi o “postprocessi” )
In entrambe i casi gli oli di rosa mosqueta – rose hip oils sono ricchi di polinsaturi ( anche il 70% ) e irrancidiscono molto rapidamente.
Con il test standard OSI110 con Rancimat irrancidiscono anche in meno di 3 ore.
L’irrancidimento è riconoscibile a naso da un intenso odore di pesce. Questo, procedendo nell’irrancidimento, diventa odore di pittura ed è legato soprattutto a 3 aldeidi: 2,6-nonadienal, 4-heptenal, 3,6-nonadienal ma anche a :
propanal, 2 pentenal, 3-hexenal, 2,4-heptadienal, 2,6-nonadienal, 2,4,7-decatrienal, 1 penten-3-one, 1,5-octadien-3-one, 1-penten-3-ol che con alcuni ketoni compongono una miscela di odori inconfondibile.
Anche il 3-penten-propyl-ketone individuato nella analisi della dott.ssa B. Pereja sembrerebbe proprio un prodotto di irrancidimento .
La presenza di questi prodotti di irrancidimento è rilevabile dopo poco tempo anche in oli ben conservati e protetti da antiossidanti aggiunti. Anche conservato al buio, a basse temperature e con la protezione di antiossidanti aggiunti difficilmente quest’olio raggiunge una shelf life di 2 anni.
Concludendo: si tratta di oli molto caratteristici e particolari soprattutto per l’alta concentrazione di acidi grassi polinsaturi.
La principale valenza cosmetologica si riconduce ai percorsi metabolici dell’acido linoleico e α-linolenico nella pelle. Quindi può partecipare a processi antiproliferativi e antiinfiammatori nei prodotti skin care.
Le doti siccative lo rendono idoneo anche a formulazioni per capelli.
La vantata efficacia antismagliature si riconduce a decine di oli simili , come già discusso qui MYTH-BUSTER: percellin oil , oli e cere dell’uropigio .
La vantata efficacia “lisciante” su rughe dovuta all’acido retinoico non ha alcuna evidenza nè alcun razionale scientifico.
Di vitamina C ( idrosolubile ) fatte salve eventuali postlavorazioni ed arricchimenti o processi di estrazione e raffinazione “atipici” , ovviamente non ne contiene.

Rodolfo Baraldini
Pubblicato il 4 settembre 2013

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