mercoledì 20 luglio 2016

Macchie e iperpigmentazione: come combatterle?

Macchie e iperpigmentazione: come combatterle?

Macchie e iperpigmentazione: come combatterle?

 

Prima di mettere a confronto alcuni cosmetici schiarenti, per vedere come l’industria ha affrontato il problema, qualche informazione su cosa c’è dietro lo schiarimento cutaneo. Il tema della iperpigmentazione e delle macchie cutanee è vasto, complesso ed interessa molti visto che può essere vissuto come inestetismo potenzialmente da tutti.


- Genetica e fisiologia
- La pelle non è un fungo
- Non solo ultravioletti
- Depigmentare
- Conclusione
Da anni si cerca di rimediare alla iperpigmentazione cutanea. Con l’erezione maschile, la ricrescita dei capelli, sbiancare la pelle è stato uno dei cavalli di battaglia di tanti venditori di olio di serpente.
Il business potenziale per chi trova il giusto rimedio è enorme. Se esistesse la sostanza o il prodotto cosmetico in grado di “depigmentare” la pelle senza reazioni avverse avremmo miliardi di consumatori di origine asiatica o africana pronti a comprarlo.
Non sono tutti ossessionati alla Michael Jackson, ma per varie ragioni socio-culturali da quelle parti sembra che quasi tutti vorrebbero avere una pelle più chiara.

le macchie cutanee sono un inestetismo relativo
Allo stesso modo, chi ha la pelle chiara può vedere anche una piccola macchia cutanea, strano come l’attenzione a volte si focalizzi su piccolezze trascurando la visone complessiva, come un grave inestetismo.
Una macchia più scura può essere una efelide, una lentiggine, una voglia, un nevo, un fungo, neurofibromatosi e tante altre cose fino al curioso eritema ab igne, per l’effetto termico di una termocoperta, una borsa dell’acqua calda o un notebook. Non è facile per chi non è esperto riconoscerne la natura e le cause.


Genetica e fisiologia.

Se abbiamo la pelle chiara, i capelli castani e gli occhi verdi ecc. è stato “deciso” da una complessa “rete” di geni nel nostro genoma. Il numero esatto di geni non è stato determinato, alcuni parlano di più di 100, anche se al momento ne sono stati individuati “solo” più o meno 10. Più o meno; perché di alcuni non si ha ancora certezza del loro ruolo nella pigmentazione. Probabilmente sempre al DNA va attribuito anche il perché una macchia cutanea si forma qui anziché là e perché ha una ben precisa forma e disegno a fronte di una esposizione omogenea al fattore scatenante l’iperpigmentazione.
Così come genetiche sono le cause dell’albinismo o del piebaldismo. L’equilibrio di ormoni ed enzimi che regolano la melanogenesi e la pigmentazione della pelle è complesso e ci vorrebbero varie pagine per descriverlo ma quel che conta è come sia regolato da talmente tante variabili che anche con piccole variazioni possono influenzare la risposta individuale allo stress o agli agenti depigmentanti. Discorso complicato per spiegare come, ad esempio, con un peeling chimico in certi casi posso far insorgere una macchia cutanea, in certi casi posso ridurla. Anche la pigmentazione facoltativa, cioè l’abbronzatura e la risposta allo stress indotto dalla luce, pur essendo sostanzialmente omogenea, dipende da molti fattori che vanno oltre la dose di ultravioletti a cui ci si espone.

La pelle non è un fungo

Il gene a cui si attribuiscono le maggiori “responsabilità” è nominato TYR perché codifica l’enzima tirosinasi. Alla regolazione della tirosinasi per anni è stata attribuita la capacità di agire degli attivi schiarenti cutanei. Visto che il meccanismo per cui diventano neri i funghi e le banane è “analogo”, per anni sono stati considerati ottimi attivi schiarenti cutanei prodotti testati su “funghi” nell’espressione della tirosinasi. Grande inganno! Sostanze che inibiscono la tirosinasi dei funghi molte volte più dell’idrochinone, la sostanza schiarente di riferimento, sulla pelle umana non schiariscono quasi nulla. Molto spesso, test in vitro di certi ingredienti cosmetici non hanno risultati analoghi in vivo. Nella affannosa ricerca di sostanze depigmentanti, sono stati pubblicate ricerche su centinaia di estratti erbali con presunta attività depigmentante, quasi sempre con test in vitro che non dimostrano granché rispetto ad una potenziale efficacia in vivo. Nella complessità dei diversi percorsi biochimici, sostanze pubblicizzate per la potente attività inibitoria della tirosina nei funghi come la quercetina e la glicirrezina, poi si è visto che al contrario possono stimolare la melanogenesi, almeno per quanto risulta da test su cellule del melanoma. I funghi sono comunque un terreno interessante di esplorazione, considerando che i funghi responsabili della pitiriasi versicolor possono produrre sia macchie “bianche”, ipopigmentate, che scure, iperpigmentate.

Non solo ultravioletti

La pigmentazione facoltativa, cioè l’abbronzatura, rivela uno dei più evidenti meccanismi di modulazione della melanogenesi. La pelle risponde all’esposizione agli ultravioletti scurendosi. A forza di abbronzarsi ed invecchiare, lo scurimento in certi punti (perché quelli, anziché altri?) non è più reversibile e restano le macchie cutanee o lentiggini solari. Una recente ricerca sperimentale ha rivelato che anche la luce visibile può indurre l’aumento della melanina. Così come è evidente che altri tipi di stress, in particolare quelli termici, chimici o meccanici, possono indurre come risposta un aumento della melanina. Si parla genericamente di iperpigmentazione post-infiammatoria, anche se non è stato spiegato perché certi percorsi infiammatori in certi casi scatenano l’iperpigmentazione in certi casi no. Un altro fattore di regolazione della melanogenesi non ancora ben compreso è la cAMP, adenosina monofosfato ciclico, possibile responsabile del paradosso di sostanze che inibiscono la tirosinasi ma stimolano la melanogenesi. Sapendo cosa può provocare le macchie cutanee la miglior prevenzione è evitare l’esposizione alle possibili cause. Visto che nelle donne melasma e cloasma sono strettamente connessi a “sbalzi” ormonali non facilmente evitabili, certe macchie sembra proprio che si debbano trattare dopo che si sono formate.

Depigmentare

L’azione di un depigmentante applicato sulla pelle può ridurre la quantità di melanina nella pelle agendo su diversi fronti:
  • Danneggiare selettivamente i melanociti. Idrochinone e derivati, alcuni metaboliti di composti fenolici con struttura chimica simile alla tirosina (Rhododenol, 4-n-butyl resorcinol, Hexyl resorcinol, Phenylethyl resorcinol), acido azelaico.
  • Inibire la formazione dei melanosomi e/o alterare la loro struttura.
  • Inibire la biosintesi della tirosinasi attraverso:

    • blocco dei fattori che inducono la sintesi dell’enzima (AHA ed estratti di placenta) o inibizione della sua attività enzimatica (come nel caso di alcuni estratti vegetali, oxiresveratrolo, tetraidrocurcumina, aloesina ecc.),
    • L’inibizione della glicazione (Glutathione, galattosammina, glucosammine)
    • La chelazione del rame ( acido cogico, acido ellagico).
  • Formazione di un substrato che inibisce l’attività della tirosinasi ( alcuni fenoli con struttura chimica simile alla tirosina, idrochinone e derivati, methyl gentisinate ecc. )
  • Accelerare la degradazione della tirosina ( acido linoleico, tranexamico )
  • Inibire la formazione di melanina con agenti riducenti o antiossidanti e inibitori della perossidasi ( acido ascorbico, tocoferolo, acido lipoico , acido ellagico, resveratrolo, fenoli, ecc.).
  • Interferire con il trasferimento dei melanosomi (niacinamide, lectina, inibitori PAR2 , acido tranexamico e inibitori della serin protease) .
  • Avere un effetto chimico sulla melanina o aumentare la degradazione dei melanosomi nei cheratinociti.
  • Stimolare l’attività ed il ricambio cutaneo ( AHA, retinoidi, adenosine monofosfato, ecc. ).
  • Scolorimento di melanina formata ( perossido di idrogeno ).
  • Anche se i meccanismi d’azione più studiati sono quelli dove si cerca di interferire con la produzione della melanina all’interno dei melanociti e con il trasferimento dei granuli di melanina, i melanosomi, dai melanociti ai cheratinociti, gli attivi più efficaci in vivo sono quelli che manifestano anche una azione citotossica selettiva verso i melanociti. A parte l’idrochinone ed il mercurio, tassativamente proibiti nel cosmetico, vari fenoli e alcuni catecoli, oltre ad essere potenti inibitori della tirosinasi, possono sviluppare dei metaboliti, i più comuni resorcinol-quinoni, che anche a piccole dosi sembrano danneggiare il melanocita. Più che una generica citotossicità potrebbe essere effetto di una risposta immunitaria tirosinase-dipendente, come fa pensare il comportamento vitiligo-simile delle aree depigmentate. Da chiarire la citotossicità dell’acido azelaico che alcune ricerche concludono sia effettiva solo verso i melanociti iperattivi, per cui la sostanza non sarebbe efficace sulle efelidi e pelli africane, anche se altre ricerche lo considerano l’attivo che provoca lo schiarimento della pitiriasi alba o versicolor.

    Conclusione

    Visti i fattori che possono scatenare o accentuare le macchie cutanee i principali ingredienti funzionali sono i filtri solari. Anche applicando un depigmentante efficace la eventuale esposizione ai raggi ultravioletti dell’area da schiarire può rendere inefficace il trattamento depigmentante.
    La riduzione di macchie, ipercromatismi, stabili è difficile e per molti anni nel mercato cosmetico sono stati offerti prodotti di cui non era dimostrata alcuna efficacia e a volte non c’era neppure un qualche razionale per pensare che fossero efficaci.
    Molti ingredienti cosmetici classificati come depigmentanti hanno una documentata efficacia in vitro, specie nell’inibire la tirosinasi dei funghi, ma nessuna prova verificabile di efficacia in vivo sull’uomo.
    I trattamenti cosmetici che hanno una qualche efficacia possono richiedere comunque tempi relativamente lunghi, con applicazioni ripetute per molte settimane, anche mesi, prima di mostrare risultati significativi.
    È sempre consigliabile una verifica dermatologica delle macchie cutanee.

    Rodolfo Baraldini

     pubblicato 2 aprile 2016

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