sabato 24 settembre 2016

Sentenza della corte europea: No ai test animali, anzi si, forse, dipende ….


Sentenza della corte europea: No ai test animali, anzi si, forse, dipende ….

Sentenza della corte europea: No ai test animali, anzi si, forse, dipende ….


Non pochi giornali e telegiornali questa settimana brindavano ad una sentenza della corte di giustizia europea con titoli del genere:



“Sperimentazione, sentenza Corte Ue: “Vietati prodotti cosmetici testati su animali”
“Corte Ue, no test animali per cosmetici”
“Cosmetici vietati anche se i test su animali sono condotti fuori dalla Ue”
Al solito i titoli vengono redatti per attirare l’attenzione, non per informare e solo leggendo tutto l’articolo si intuisce qualcosa di più su ciò che effettivamente è accaduto.
Anche negli articoli la faccenda però viene spiegata in modo decisamente fuorviante e solo dopo aver letto la sentenza e conoscendo un po’ gli antefatti mi posso sbilanciare con alcune precisazioni.
La Corte europea, non ha certamente sentenziato lo stop totale ai test animali per il cosmetico ed i suoi ingredienti, visto che questo è legge dal 2013, in realtà con qualche modulazione da molto prima, e le corti/tribunali non redigono leggi, tutt’al più le interpretano e fanno applicare.
Non ha neppure vietato i “cosmetici anche se i test sono condotti fuori dalla Ue”, altra materia già chiaramente definita dalla legge.
Il caso in oggetto verteva sul rischio legale che corrono aziende europee che producono ingredienti cosmetici e che per farli approvare in alcuni paesi esteri sono obbligate a eseguire dei test su animali.
La corte di giustizia europea conclude con:”l’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n.1223/2009 deve essere interpretato nel senso che esso può vietare l’immissione sul mercato dell’Unione di prodotti cosmetici, alcuni ingredienti dei quali sono stati oggetto di sperimentazioni animali al di fuori dall’Unione, al fine di consentire la commercializzazione di prodotti cosmetici in paesi terzi, se i dati che ne risultano sono utilizzati per dimostrare la sicurezza dei suddetti prodotti ai fini della loro immissione sul mercato dell’Unione.
Ops!! sembra che nessuno si sia accorto dell’ultima condizione posta, che ho evidenziato in grossetto. Io, nella mia ignoranza del linguaggio forense, la interpreto così: se non utilizzi per dimostrare la sicurezza nella Ue, i risultati dei test su animali, che sei stato obbligato a fare all’estero, non ti possono vietare l’immissione sul mercato europeo.
Ora, altro piccolo dettaglio tecnico, nessuna legge impone di dimostrare preventivamente la sicurezza di un ingrediente cosmetico nella Ue. I paesi che pretendono queste informazioni preventive, per tutti o alcuni speciali ingredienti cosmetici, es. Cina, Giappone, sono proprio quelli che obbligano chi registra un nuovo ingrediente a produrre i risultati dei test su animali.
È il cosmetico, invece, che nella UE deve essere messo sul mercato dopo che l’azienda produttrice ha fatto una valutazione della sua sicurezza.
Quindi il dossier di sicurezza del cosmetico, che , escludendo rarissimi casi, viene redatto con i dati tossicologici ricavati dalla sperimentazione animale degli ingredienti, tipicamente il NOAEL, la dose a cui non si manifestano effetti avversi, e quando non c’è il NOAEL, la LD50, la dose letale per il 50% degli animali di laboratorio, semplicemente non deve riportare questi dati ricavati da test fatti in Cina o Giappone o Usa o Brasile ( qualunque stato dove la sperimentazione animale del cosmetico non è stata ancora bandita ) dopo il 2013… Il tutto ricordando che il dossier di sicurezza del cosmetico, nella UE, non è soggetto ad approvazione preventiva da parte delle autorità.
In questa ottica, la recente sentenza della Corte di Giustizia europea, non mi sembra giustifichi tutto quel entusiasmo misto ad orgoglio con cui le associazioni animaliste ne hanno parlato.

La vera storia di un iter legislativo in salita e su terreno sdrucciolevole.

Premessa indispensabile è far notare che i problemi etici legati alla sperimentazione animale non sono di facile soluzione.
O meglio la soluzione ci sarebbe, si chiama “test alternativi”, per questo “non capisco” come certe associazioni anti vivisezione con molti milioni di euro di liquidità a bilancio ( non di attivo, di cash! ) non li abbiano investiti nella ricerca scientifica per sviluppare test alternativi alla sperimentazione animale.
Senza test alternativi il dilemma etico che sta dietro alla sperimentazione animale non può essere risolto obtorto collo da una qualche legge.
L’Unione Europea è stata un alfiere della necessità di sostituire i test su animali con altri test. Orgogliosamente si deve riconoscere al cosmetico di aver fatto da apripista.
La Direttiva 2003/15/CE, nota anche come VII modifica, ha stabilito:
•un divieto immediato (27 febbraio 2003) di tutte le sperimentazioni per le quali esistono metodi alternativi convalidati e accettati;
•la proibizione, da settembre 2004, sul territorio dell’Unione Europea di testare cosmetici finiti sugli animali;
•il divieto, da marzo 2009, di valutazione su animali per scopi cosmetici nell’UE degli ingredienti. Significa che nessun tipo di studio su animali (inclusi quelli di tossicità da uso ripetuto, tossicità riproduttiva e tossicocinetica per cui è previsto il 2013 come data limite) può essere effettuato sul territorio dell’UE per valutare ingredienti cosmetici;
•proibizione, da marzo 2009, della commercializzare nell’UE di cosmetici la cui formulazione finale è stata oggetto di sperimentazione animale oppure contenenti ingredienti testati su animali. E’, però, prevista un’unica eccezione: i cosmetici, come tali o contenenti ingredienti sottoposti a test di tossicità da uso ripetuto, tossicità riproduttiva e di tossicocinetica con l’uso di animali (effettuati in paesi extra-UE), potevano essere commercializzati fino al marzo 2013.
Con buona pace degli ingenui che preferivano una marca perché non testava su animali, quando tutte le marche non testavano su animali.
L’entrata in vigore del regolamento nel 2013 ha ribadito gli obblighi delle precedenti direttive con maggiore fermezza.
È vietata la realizzazione di sperimentazioni animali all’interno dell’Unione Europea per:
  • i prodotti finiti;
  • gli ingredienti o le combinazioni di ingredienti.
  • È altresì vietata l’immissione sul mercato europeo di:
  • prodotti la cui formulazione finale sia stata oggetto di una sperimentazione animale;
  • prodotti contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto di una sperimentazione animale.
  • Il vero nodo del contendere è nella proibizione di immettere sul mercato europeo cosmetici contenenti ingredienti oggetto di sperimentazione. Ovviamente il divieto si riferisce solo ai test fatti dopo l’entrata in vigore del regolamento allo scopo di conformarsi alle disposizioni del regolamento stesso, visto che praticamente tutti gli ingredienti sono stati testati su animali, anche l’acqua, e se fosse proibito utilizzare un qualunque ingrediente testato chissà quando su animali, nella UE non si venderebbe più neanche un cosmetico.
    Le restrizioni ed il successivo bando europeo servivano a spingere industria e ricerca scientifica a sviluppare i test alternativi ma forse subdolamente creavano una sorta di barriera protezionistica, roba da cause infinite in sede WTO.
    Insomma applicando il regolamento qualunque cosmetico prodotto dove era obbligatorio eseguire test su animali poteva essere proibito. Non si tratta solo di cosmetici cinesi o giapponesi. Solo in ritardo, forse spinti dalle decisioni UE che vincolano il più grande mercato sovranazionale del cosmetico, anche altri paesi hanno messo al bando i test animali ma tuttora la maggioranza della produzione cosmetica mondiale avviene in paesi che ammettono, e qualche volta, per fortuna raramente, considerano obbligatori, i test su animali.
    La Cina nel 2014 ha tolto l’obbligo per i produttori cinesi di vari tipi di cosmetico ( quelli non funzionali ) di sottoporli a sperimentazione animale. Da notare che l’obbligo per i produttori europei che intendono vendere in Cina permane. Così un cosmetico cinese, almeno formalmente è oggi vendibile nella UE. In realtà dall’entrata in vigore del regolamento non mi risulta che a nessun cosmetico sia stato proibita l’immissione sul mercato europeo per la questione dei test su animali, anche se, volendo fare le pulci al mercato, un certo numero di prodotti extra UE è molto difficile che siano usciti da paesi dove i test sono obbligatori senza che questi test siano stati fatti.
    Il tutto quindi è avvolto da una fitta nebbia prodotta da leggi scritte fissando date di scadenza alla ricerca scientifica, non è che la scoperta o l’invenzione di un test alternativo valido si fa entro una certa data solo perché una legge lo impone, da regolamenti inapplicati , da sentenze che affermano si può proibire il cosmetico per cui sono stati eseguiti all’estero i test su animali quando dichiara di utilizzare i dati ricavati da quei test.
    Ci si accattiva la simpatia di chi ama gli animali ed il vero problema di finanziare la ricerca per i test alternativi ( che tornerebbe utile anche per altri prodotti per cui non esiste un bando come per il cosmetico ) lo si nasconde sotto il tappeto.
    Rodolfo Baraldini
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