martedì 2 agosto 2016

Come viene garantita la sicurezza di un cosmetico.

Come viene garantita la sicurezza di un cosmetico.

Come viene garantita la sicurezza di un cosmetico.

 
Tra le tante paure e paranoie che circolano ha preso piede, anche alimentata dal FUD e da un certo marketing al limite della scorrettezza, la paura dei cosmetici tossici.- Norme USA vs. UE
- Sanzioni per chi sgarra
- Per il consumatore
Centinaia di articoli e pagine web, molti provenienti o copia-incollati da oltre oceano, parlano esplicitamente di cosmetici tossici, che fanno male, o che contengono ingredienti tossici o cancerogeni.
Per lo più si tratta di fuffa e allarmismo per raccogliere qualche click e qualche “mi piace” da chi è facilmente suggestionabile ed è particolarmente disinformato, ma a volte è proprio la coda di una strategia marketing per promuovere la vendita di cosmetici o ingredienti cosmetici diversi.
Il termine “tossico” viene utilizzato a sproposito senza alcun riferimento a dati tossicologici reali. L’insensata paura per una presunta tossicità dei cosmetici alimenta comportamenti ossessivi, che chiamerei COSMETO-ORTORESSIA, ed alcuni consumatori/trici sono molto più preoccupati dei danni alla salute che potrebbe arrecargli un cosmetico di quelli che potrebbero fare il cibo o il fumare.
Il mito del “cosmetico tossico” è peraltro sostenuto dal tam tam/baggianata delle multinazionali-cattivone che, per loro misteriosi e perversi motivi, utilizzano volutamente ingredienti tossici nel cosmetico. Strane tesi di chi dimentica che il cosmetico viene prodotto e messo sul mercato per far guadagnare, con buoni margini qualunque ingrediente si utilizzi, sia la multinazionale che il piccolo laboratorio artigianale, e che nessuno, con una minima competenza professionale e sano di mente, uccide volutamente la sua gallina dalle uova d’oro.

Norme USA vs. norme UE

Grazie all’Unione Europea, l’unione in certi casi fa effettivamente la forza, le norme a tutela del consumatore relative al rischio chimico, alla sicurezza alimentare, ambientale e del cosmetico sono tra le più avanzate ed efficaci. Dopo la seconda guerra mondiale le norme guida sono state per lungo tempo quelle redatte negli USA, da oltre una decina di anni in questi ambiti le direttive, leggi e regolamenti europei vengono presi come riferimento per redigere nuove norme nazionali in tutto il mondo.

Il filmato della campagna USA per un cosmetico sicuro fa un utilizzo insensato del termine ''tossico''
 
Sotto la presidenza Obama, incredibile dictu, anche la amministrazione USA ha cominciato a mettere le mani nelle leggi che regolano la sicurezza chimica, alimentare e del cosmetico per avvicinare le norme USA a quelle europee. È di questi giorni (22 giugno) l’approvazione di una legge USA aggiornamento del Toxic Substances Control Act (1976) per avvicinare le norme USA al nostro REACH, che peraltro è stato preso a modello, a volte con lo stesso nome, in molti altri paesi compresa la Cina. Anche per il cosmetico la norma USA pare doversi adeguare a quelle europee anche se la legge proposta, il Safe cosmetic act (2015), ha incontrato varie resistenze e la campagna a supporto ha utilizzato anche insensati argomenti chemofobici ed allarmistici.

L'efficacia di una legge dipende da come è redatta, ma anche da come viene fatta applicare e dalle sanzioni per chi la viola

Le mie competenze in filosofia del diritto sono pari a quelle che ho in sessuologia dei microbi, ma mi è capitato spesso negli ultimi anni di confrontarmi con cosmetologi e professionisti della cosmesi USA, sull’argomento “come si redige una legge efficace per garantire la sicurezza del cosmetico”.
La sostanza è che l’attuale sistema della sicurezza del cosmetico negli USA non è inefficace. Infatti non dipende solo dalle norme decisamente arretrate redatte nel Food, Drug, and Cosmetic Act del 1938. Queste norme sono state una sorta di linea guida per le norme che nel dopoguerra hanno adottato in quasi tutto il mondo ed hanno fissato la regola fondamentale che attribuisce la responsabilità della sicurezza del cosmetico all’industria che lo produce o a chi lo vende e non allo stato. È da questo che nasce il non obbligo di una approvazione governativa prima che il cosmetico venga venduto al consumatore.
La norma USA ha funzionato per oltre 70 anni anche perché in USA c’è un sistema del diritto civile che se un consumatore fa causa ad una azienda cosmetica per i danni subiti, questa può essere obbligata a pagare cifre altissime, le famose sanzioni punitive.
Le norme che regolano il cosmetico UE differiscono da quelle USA in molti punti anche se la campagna d’opinione americana evidenzia quasi solo il fatto che nella UE ci sono oltre 1300 sostanze espressamente proibite, al momento sono 1379, contro le 8 proibite dalla FDA americana. La logica che ne consegue è:
- gli europei le hanno proibite,
- se sono proibite sono tossiche,
- negli USA non sono proibite,
ergo: i cosmetici contengono sostanze tossiche.
Da questo il mito nato negli USA delle sostanze “tossiche” legalmente inserite nei cosmetici, rimbalzato acriticamente da noi.
Peccato che l’allegato II del regolamento europeo non sia redatto su basi tossicologiche e non è affatto una patente di tossicità. Nella UE come in USA la responsabilità della sicurezza del cosmetico fa capo a chi lo produce che, qui sta la differenza rispetto agli USA, redige un dossier dove viene valutato il profilo tossicologico del prodotto o più propriamente dei suoi componenti. Non c’è alcun obbligo di approvazione del cosmetico prima della sua messa in commercio, ma il dossier con le principali informazioni dovrebbe essere trasmesso per via telematica prima della messa sul mercato. È solo una notifica che prima dell’entrata in vigore del regolamento (2013) neppure tutti facevano e che escludendo alcuni paesi come il Portogallo, non comportava neppure particolari controlli. Quindi il consumatore europeo, anche se la norma era più stringente e dettagliata di quella USA non era a priori più tutelato.
Anche perché, soprattutto in Italia, eventuali irregolarità e non conformità rispetto alla direttiva ed al regolamento erano sanzionate, ammesso che un qualche raro controllo le rilevasse, in modo irrilevante, al limite del ridicolo.


Sanzioni per chi sgarra

Prima del 6 gennaio di quest’anno, non solo i controlli erano decisamente scarsi, ma eventuali violazioni del regolamento e della precedente direttiva erano sanzionate alla luce dell’art.8 comma 13 e comma 15 Legge 713/86 e s.m.i. con ridicole sanzioni amministrative e se necessario con sequestro della merce. Anche per questo, nonostante direttiva e regolamento cosmetico europei fossero redatti con un occhio particolarmente attento alla sicurezza del consumatore, ho notato così tanti prodotti con etichette irregolari, così tante violazioni del regolamento o della direttiva, senza contare i cosmetici commercializzati senza neppure la preventiva notifica al ministero richiesta a suo tempo dalla direttiva. L’entrata in vigore della disciplina sanzionatoria per la violazione del regolamento sui cosmetici introduce pene detentive, da 1 a 5 anni, multe, superiori a 1000 euro e sanzioni amministrative da 7.000 a 30.000 €, ma che possono arrivare a 100.000 € per chi fosse responsabile della violazioni di obblighi in materia di valutazione della sicurezza, preliminare all’immissione sul mercato del prodotto, e di documentazione informativa sul prodotto.
Rispetto alla “pacca sulla spalla e sgridatina” in vigore fino al 6 gennaio 2016, c’è stato un bel progresso. Solo il tempo ci dirà se maggiori controlli e sanzioni più severe ridurranno le violazioni del regolamento.

Per il consumatore

Il marketing sa bene che la sicurezza è uno dei bisogni primari che possono muovere il consumatore all’acquisto, per questo tutti i cosmetici si presentano come sicuri e non nocivi.
Considerate le norme in vigore e soprattutto la efficientissima funzione barriera della cute, in genere lo sono, se non si considera il rischio soggettivo di sensitizzazioni ed allergie.
Tutti i cosmetici dovrebbero essere fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni alla salute delle persone. L’applicazione di questo semplice principio, con un adeguato sistema di controlli e di sanzioni per chi sgarra, spiega perché anche negli USA in realtà cosmetici tossici o pericolosi per la salute normalmente non circolano.
A questo il regolamento europeo ha aggiunto specifiche liste negative e positive di ingredienti. Cioè liste di sostanze che non possono essere introdotte, se non come tracce involontarie ed ineliminabili, nel cosmetico e liste dei soli ingredienti autorizzati per specifiche funzioni ( es. conservanti, coloranti, filtri UV ).
Poi, a tutela del consumatore, ci sono obblighi nella comunicazione ed etichettatura del cosmetico. Il produttore o la persona responsabile dell’immissione in commercio del prodotto ( anche importato extra UE), deve tenere a disposizione il cosiddetto PIF (Product Information File) del prodotto, ossia una serie di informazioni sul cosmetico, che comprendono:
•la formula qualitativa e quantitativa (che consente di identificare gli ingredienti e le loro percentuali impiegate nel cosmetico);
•il metodo di fabbricazione, che deve essere conforme alle norme di buona fabbricazione o GMP (Good Manufacturing Practice);
•le specifiche chimico-fisiche e microbiologiche di tutti gli ingredienti usati e del prodotto finito;
la valutazione di sicurezza del prodotto cosmetico finito;
•le prove degli effetti vantati dal prodotto
•i dati esistenti sugli effetti indesiderabili per la salute umana provocati dal cosmetico in seguito alla sua utilizzazione.
Parte di queste informazioni devono essere accessibili ai consumatori, in certi casi su richiesta.
La valutazione di sicurezza del prodotto cosmetico finito dovrebbe essere compiuta da un esperto qualificato, interno o esterno all’azienda. La normativa stabilisce che il valutatore della sicurezza debba essere in possesso di precisi titoli di studio (in Italia: laurea in medicina e chirurgia, in scienze biologiche, in farmacia, in chimica e tecnologie farmaceutiche, in chimica o in chimica industriale), sperando che un titolo di studio rappresenti una effettiva competenza in complesse valutazioni tossicologiche.
Nelle procedure di valutazione della sicurezza si deve tenere conto sia delle proprietà intrinseche, di ogni singolo ingrediente utilizzato (chimiche e tossicologiche), sia della quantità cui è esposto il consumatore durante l’uso del prodotto, in modo da ricavare una stima dell’eventuale rischio associato all’impiego del prodotto.
Le sanzioni amministrative, da quest’anno, sono per chi immette sul mercato prodotti cosmetici non sottoposti alla valutazione di sicurezza, o per i quali non e’ stata elaborata una relazione sulla sicurezza, una ammenda da euro 10.000 a euro 100.000. La stessa pena può essere applicata a chi viola le disposizioni del regolamento o qualora la valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico non rispetti le condizioni specificate dal regolamento.
Ma il regolamento europeo, oltre a imporre le GMP ( Buone Pratiche di Produzione ), non definisce i termini e specifiche con cui deve venir valutata la sicurezza del cosmetico. Quindi il tipo e procedura dei test microbiologici, test di stabilità, test di reazioni cutanee o in vitro oltre che tipo di calcoli tossicologici sugli ingredienti e sul loro mix ( effetto cocktail) e sulla effettiva esposizione del consumatori vengono decisi nella azienda che lo produce e/o immette sul mercato .
Per quanto le norme siano ben redatte ed il sistema dei controlli e sanzioni possa essere rigoroso, alla fin della fiera, qualità e sicurezza del cosmetico sono responsabilità di chi lo produce o mette sul mercato ed il consumatore non può che affidarsi contando sulla sua onestà e competenza.
Il consumatore però può contribuire alla sicurezza del cosmetico nell’Unione Europea segnalando sistematicamente le reazioni avverse. È una procedura di cui ho parlato più di 2 anni fa qui ma che per la poca consapevolezza dei consumatori o per ignavia ancora stenta a decollare. Internet è piena di “segnalazioni” di reazioni avverse che poi non arrivano a chi è preposto alla cosmetovigilanza.

Rodolfo Baraldini

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