lunedì 26 dicembre 2016

Utilizzo estetico della radiofrequenza

      
Utilizzo estetico della radiofrequenza

Utilizzo estetico della radiofrequenza



Ho ricevuto molti click nel sondaggio sugli argomenti di cui si vorrebbe parlare, più qualche richiesta da parte di alcuni/e professioniste. Provo ad approfondire l’argomento: radiofrequenza. I primi 2 paragrafi possono risultare un po’ troppo tecnici, ma parliamo di radiofrequenza e non del Grande Fratello, e non sapevo come essere più semplice.
Sempre più trattamenti estetici, sia praticati da estetiste che da medici vantano l’utilizzo e l’efficacia della radiofrequenza. Come spesso accade quando una tecnologia ha successo in ambito professionale, viene poi utilizzata anche in apparecchietti venduti al pubblico, anche con televendite, per un utilizzo domiciliare.

Cosa è la radiofrequenza?

Cosa è la radiofrequenza? Anche se il termine è di uso comune non c’è una definizione chiara e condivisa di cosa è la radiofrequenza.

BandaSiglaFrequenzaLunghezza d’onda
in aria
–1ELF0,03-0,3 Hz10-1 Gm
0ELF0,3-3 Hz1-0.1 Gm
1ELF3-30 Hz100-10 Mm
2ELF30-300 Hz10-1 Mm
3ULF300-3 000 Hz1000-100 km
4VLF3-30 kHz100-10 km
5LF30-300 kHz10-1 km
6MF300-3 000 kHz1-0,1 km
7HF3-30 MHz100-10 m
8VHF30-300 Mhz10-1 m
9UHF300-3 000 MHz100-10 cm
10SHF3-30 GHz10-1cm
11EHF30-300 GHz10-1 mm
12300-3 000 Ghz1-0,1 mm
133-30 THz100-10 µm
1430-300 THz10-1 µm
15300-3 000 THz1-0,1 µm
Normalmente con radiofrequenza si intendono segnali elettrici o onde elettromagnetiche che possono essere utilizzate per rilevare distanza e movimento (es. radar) o per le telecomunicazioni, da cui il suffisso “radio”. Per metonimia spesso sono chiamate radiofrequenze le apparecchiature che erogano radiofrequenza. Lo spettro di frequenze regolamentato dall’ITU, l’organo internazionale che regolamenta e standardizza le bande di frequenza per le radiocomunicazioni va da 3KHz a 300 GHz. In realtà le frequenze molto basse (3KHz < VLF < 30KHz) sono utilizzate solo per le comunicazioni sottomarine e molti non le considerano radiofrequenza. A frequenze ancora inferiori(ULF e ELF), la lunghezza d’onda è talmente grande che gli studi sui campi elettromagnetici possono distinguere il campo magnetico da quello elettrico. Questo può spiegare la distinzione non immediata in fisioterapia tra apparecchiature per magnetoterapia e apparecchiature per radiofrequenza. Anche il limite superiore dell’intervallo di frequenze che si considera radiofrequenza non è così netto. Normalmente sopra i 300GHZ si entra nel campo della luce con le frequenze attribuite agli Infrarossi, anche se molti astrofisici considerano lo spettro delle frequenze radio fino a 3000 GHz.
Nell’ampio intervallo di frequenze alcune frequenze possono essere utilizzate per finalità che non c’entrano nulla con le telecomunicazioni e la trasmissione di segnali: saldare i metalli o le plastiche, scaldare i cibi o tessuti biologici, essiccare vernici, disidratare la frutta accelerare le reazioni chimiche ecc.. Da questo un po’ di confusione su cosa si intende per radiofrequenza visto anche che in questi utilizzi diversi l’intervallo di frequenze utilizzato è in genere più ristretto di quello che caratterizza le frequenze per telecomunicazioni.
La diversa velocità della luce e lunghezza d’onda delle onde elettromagnetiche a seconda del mezzo dove si propagano è un fattore da considerare quando si valuta la loro azione su tessuti biologici. Ma possiamo cambiare la frequenza o la lunghezza d’onda (inversamente proporzionale alla frequenza) ma restano onde elettromagnetiche, che arrivino dallo spazio, escano da un phon, da un cellulare, da un forno a microonde o da una lampadina.
Le leggi fisiche che ne descrivono assorbimento e penetrazione sono le stesse. Il quanto di energia trasportata si chiama fotone, che si tratti di una trasmissione radio o di un fascio di luce.
L’energia del fotone è inversamente proporzionale alla frequenza, quindi onde elettromagnetiche ad altissima frequenza hanno molta più energia di onde a bassa frequenza.

L'intensità del campo e conseguentemente il calore indotto è maggiore vicino all'elettrodo.
L’intensità di un’onda elettromagnetica cala con la distanza dalla sorgente e penetrando un corpo cala con la distanza dalla superficie in funzione del coefficiente di assorbimento, che caratterizza ogni sostanza a diverse lunghezze d’onda. In linea generale più è alta la frequenza meno l’onda elettromagnetica penetra/attraversa un corpo, indipendentemente dalla sostanza che lo compone.
L’energia assorbita/trasferita si trasforma per lo più in calore. Quando le onde “attraversano” dei materiali conduttivi il calore è generato per effetto Joule dipendente dalle correnti indotte. Il riscaldamento prodotto per effetto Joule è maggiore, più è alta la conducibilità elettrica del materiale irradiato. I fornelli ad induzione, che funzionano con frequenze relativamente basse, minori di 100KHz, non funzionano se la pentola non è in materiale ferromagnetico.
Nei materiali non conduttivi (dielettrici) il riscaldamento avviene principalmente per la rotazione, vibrazione delle molecole.

Le onde elettromagnetiche inducono vibrazioni e rotazioni nei fluidi polari come l'acqua
Nel forno a microonde che funziona in genere con frequenze dell’ordine di 2,4GHz si scalda anche l’acqua demineralizzata (che contrariamente alla normale acqua di rubinetto non conduce l’elettricità) o un olio vegetale. Ma l’olio essendo meno polare dell’acqua, a parità di potenza si scalderà di meno.
La scelta della frequenza dipende dall’assorbimento e penetrazione che si vuole ottenere per uno specifico materiale.
Il calore prodotto dipende dalla densità di corrente/energia trasmessa misurabile in A/cm² o J/cm². Una opportuna configurazione degli elettrodi/antenne consente di erogare l’energia proprio dove si vuole.

Interazione tra radiofrequenza e sistemi biologici

La comprensione dei meccanismi di interazione tra radiofrequenza e sistemi biologici è limitata e non si parla solo di calore. Il fatto che le onde elettromagnetiche abbiano effetti sui sistemi biologici non comporta necessariamente che facciano danni. Effetti biologici non significa necessariamente effetti avversi.
La sovraesposizione a campi elettromagnetici ha sollevato molti dubbi sui rischi per la salute che introduce anche se non si tratta di radiazioni ionizzanti. A fronte di alcuni rischi per la salute umana, sono stati definiti dei limiti di potenza ed esposizione di cui si parla molto per l’enorme diffusione di sistemi di comunicazione in radiofrequenza: cellulari, bluetooth, wi-fi. Ci sono poi i diffusissimi forni a microonde, i fornelli ad induzione ed altre elettrodomestici che emettono o possono disperdere radiofrequenza. L’eventuale esposizione alla radiofrequenza è in questi casi una conseguenza involontaria dell’utilizzo di queste apparecchiature ma si devono considerare anche tutte le apparecchiature medicali o estetiche che irradiano volutamente con radiofrequenza il corpo umano. Per mantenere l’articolo nelle 2000 parole anziché 2000 pagine riassumo molto sinteticamente:
Il principale riferimento scientifico per la valutazione dell’impatto sulla salute della radiofrequenza è l’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP), che ha pubblicato varie linee guida. Le linee guida sviluppate dalla ICNIRP sono ampiamente conosciute ed hanno rappresentato la base per regolamenti nazionali in molti Paesi.
L’ICNIRP distingue però gli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici da 1Hz a 100 KHz da quelli da 100 KHz a 300 GHz.
Questo permette di gestire e regolamentare diversamente i rischi derivanti dall’esposizione ai campi irradiati ad esempio alle linee ad alta tensione (50Hz) da quelli irradiati dai cellulari o dalle stazioni di trasmissione broadcast.
L’enorme diffusione di sistemi di comunicazione portatile con frequenze molto alte, i wi-fi operano anche oltre i 5 GHz, ha imposto una revisione, attualmente in corso, dei limiti di esposizione alle frequenze comprese tra 100KHz e 300 GHz.
Il principale meccanismo su cui si incentrano gli studi è legato al calore prodotto all’interno dell’organismo. Il fenomeno noto come diatermia comporta un rischio specifico dipendente dal fatto che possono non venir attivati i sensori del calore cutanei.
In funzione del calore e delle temperature indotte nei tessuti biologici che assorbono radiofrequenza si hanno effetti che vanno dalla necrosi ed evaporizzazione dei tessuti, alla denaturazione delle proteine ( il sangue coagula, il collagene si restringe, gli enzimi degradano ecc..) al semplice riscaldamento. Il calore generato nei tessuti dipende dalla quantità di energia per volume ceduta dalle onde elettromagnetiche alle sostanze che le assorbono. A parità di frequenza lo stesso segnale applicato ad un ago o bisturi necrotizza e vaporizza i tessuti cutanei, applicato ad un elettrodo di 40 cm² produce un leggero tepore che si avverte a mala pena.
Nel 2011 lo IARC ha classificato come possibili cancerogeni (2b) i campi di radiofrequenza, per il possibile rischio glioma associato alla diffusione dei telefoni cellulari.

Storia dell’utilizzo estetico della radiofrequenza


I saloni Elizabeth Arden proponevano già nel 1930 i trattamenti con radiofrequenza sul viso.
Ad Arsene d’Arsonval si devono i primi studi (1892) sugli effetti della radiofrequenza sul corpo umano. Le prime installazioni, primi del ’900, si concentravano in stazioni termali e SPA, dove l’effetto del calore indotto senza contrazione muscolare veniva promosso come terapia per le più svariate problematiche. Nel 1930 in tutti i saloni Elisabeth Arden, in europa e negli USA si vendeva il trattamento con la Vienna Mask, con precisi riferimenti al ringiovanimento, ed alla diatermia. I risultati limitati ed un razionale che si limitava agli effetti analgesici ed iperemizzanti del calore hanno poi ridotto per molti anni l’interesse per queste tecnologie. Solo dopo il 2003 il meccanismo d’azione proposto si riferisce all’accorciamento del collagene, introducendo l’idea di “skin tightening”.
Le frequenze utilizzate nelle radiofrequenze medicali o estetiche sono regolamentate per non disturbare le telecomunicazioni e nei primi anni erano comuni apparecchiature nella banda dei 27MHz (CB) e sottomultipli 12,5 o 6,25. Il THERMAGE, una apparecchiatura, che ha rilanciato nel 2002 l’utilizzo della radiofrequenza per finalità estetiche, erogava da un solo elettrodo attivo (monopolare) circa 6 MHz. Un discreto successo ha incontrato la soluzione adottata nell Aluma della Lumenis dove la pelle viene piegata con il vuoto tra 2 elettrodi che erogano 468KHz. Negli anni successivi sempre più apparecchiature hanno adottato frequenze relativamente basse, comprese tra 400KHz e 2 MHz, dove la azione “termica”, anche a basse potenze, è più percepibile e dipende maggiormente dalle correnti indotte. Le apparecchiature utilizzabili da parte delle estetiste dal 2011 devono avere una frequenza base compresa tra 400KHz e 1,5MHz.


Cosa raccontano

Come spesso accade quando si parla di trattamenti estetici la comunicazione si concentra più sulla vendita di un sogno che su elementi concreti a supporto dell’efficacia.
La radiofrequenza viene offerta per il trattamento del viso, con argomenti simili a quelli utilizzati nei saloni Elizabeth Arden nel 1930 con in più il razionale sulla possibile contrazione delle fibre di collagene. A volte si parla espressamente di un effetto lifting o di riduzione della lassità cutanea.
Con questo obiettivo può essere offerta anche per trattare collo, addome, dell’area inferiore del braccio (tricipite), dei glutei e del seno.
Nonostante i lipidi siano molto poco conduttivi viene offerta anche per eliminare i cuscinetti adiposi, il grasso in eccesso e l’adiposità localizzata. Alcuni la propongono espressamente per trattare la cellulite.

Funziona?

È indiscutibile che sopra i 60°, meglio a 80° per poco tempo le fibre di collagene diventano più morbide e corte. Se avete dei dubbi guardate cosa succede ad una bistecca quando viene cotta.
È altrettando indiscutibile che anche i tessuti adiposi sottocutanei possono subire un danno termico letale esponendoli a sufficienti dosi di radiofrequenza. Aggiungendo la vasodilatazione ed altri effetti del calore sul nostro corpo effettivamente i trattamenti con radiofrequenza potrebbero fare almeno parzialmente quello che promettono.
Purtroppo non è così facile e le pubblicazioni a supporto presentano grandi carenze. Poche ricerche scientifiche valutano le temperature effettivamente raggiunte dai tessuti durante il trattamento e molte sembrano solo cercare conferme a supporto di una marca di apparecchiature anziché di un’altra. C’è poi una incongruenza nel razionale in quanto le due azioni, l’accorciarsi del collagene e la riduzione dei pannicoli adiposi possono essere antitetiche per gli obiettivi estetici per cui si utilizza la radiofrequenza. Ad esempio nel trattare la cellulite, se si accorciassero i setti fibrosi di collagene che sottendono i buchetti della trapunta, questi diventerebbero più evidenti anziché calare. Allo stesso modo se la radiofrequenza riducesse lo spessore degli strati adiposi sottocutanei di una pelle cascante, la lassità verrebbe accentuata, non ridotta.
Insomma gli effetti dipendono molto dalle frequenze e potenze erogate e c’è un equilibrio tra effetti positivi e negativi difficile da definire. Nessuno al momento ha notato che facendo una risonanza magnetica, tenendo il wi-fi del notebook a contatto del corpo o usando per molte ore il cellulare si riducano le rughe o la cellulite e neppure risulta che la febbre a 40° migliori il nostro aspetto fisico.
Concentrando il calore in aree ben precise è indubbio che si ottiene una maggiore tensione cutanea, ma scordatevi che possa accadere con innalzamenti della temperatura appena percettibili. Le temperature necessarie perché si veda qualcosa sono al limite del dolore. Sta nella capacità ed esperienza del professionista definire di volta in volta potenze e modalità di applicazione per ottenere qualche risultato, che sarà comunque ben lontano da quello ottenibile con un lifting o con altri atti chirurgici.
Per la cellulite le prove che la radiofrequenza funzioni sono inconsistenti ed il razionale, la spiegazione logica del perché funzionerebbe, è traballante.

Quanto è sicura la radiofrequenza estetica?

È la dose che fa il veleno o il rimedio e non ha senso parlare di sicurezza della radiofrequenza in generale senza considerare frequenze, potenze esposizione ecc..La diffusa paura mescolata a luddismo di chi ad esempio rifiuta l’utilizzo di un forno a microonde è indicatore di una generalizzata diffidenza verso tutto ciò che riguarda le onde radio. I limiti di esposizione fissati dal ICNIRP sono frutto di una valutazione accurata del rischio e di un approccio precauzionale quando mancavano dati certi. Nelle apparecchiature a norme i rischi anche per l’operatore sono veramente minimi.
Nell’utilizzo estetico e medicale della radiofrequenza sono state segnalate reazioni avverse anche gravi e le apparecchiature messe sul mercato da aziende serie sono corredate da istruzioni ed avvertenze sulle limitazioni d’uso abbastanza dettagliate. Tipiche le restrizioni per chi è in gravidanza, per chi porta un pace makers o ha impianti metallici.
Nell’utilizzo di radiofrequenza sul viso sono state segnalate disfigurazioni, caratterizzate da pelle cascante, a causa della riduzione degli strati adiposi cutanei.
La qualità della apparecchiatura e la competenza dell’operatore sono fondamentali perché si possa osservare un qualche risultato positivo.

Rodolfo Baraldini

Riferimenti bibliografici: radiofrequenza estetica

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