domenica 20 settembre 2015

HAZARD/CONCERN: Nanopolveri e nanomateriali

HAZARD/CONCERN: Nanopolveri e nanomateriali

HAZARD/CONCERN: Nanopolveri e nanomateriali

Polvere siamo e polvere ritorneremo

Nel 1959, il Premio Nobel Richard Feynman utilizzò il termine “nanotecnologia”, definendola come una nuova scienza che si occupa di strutture di dimensioni inferiori a 100 nm.
Cominciarono allora i primi studi su fenomeni fisico-chimici legati alle dimensioni in nanoscala .
Il più noto, si fa per dire, è il fenomeno del confinamento o pozzo quantico.
Il più inquietante e semplice da capire è invece il rischio di gravi malattie , soprattutto all’apparato respiratorio, collegate alla esposizione alle nanopolveri, soprattutto quelle nell’aria inquinata che respiriamo.
Si è cominciato a parlare di problematiche per la salute dovute a Nanopolveri ( oggi il termine corretto dovrebbe essere Nanomateriali )  una ventina di anni fa, più che altro come problematiche connesse allo smog ed all’inquinamento atmosferico.
Nell’ambito delle malattie occupazionali, l’amianto, la silicosi e altre patologie simili già da molto tempo avevano evidenziato problematiche specifiche connesse alle polveri inalate. I nuovi nanomateriali hanno però evidenziato come alcuni effetti nocivi fossero dipendenti dalle dimensioni e morfologia della particella .
Studi recenti hanno riscontrato analogie tra i danni arrecati dall’inalazione di nanotubi di carbonio e l’amianto.
Dal 2006 l’OCSE ( OECD ) ha creato dei workgroups per definire la sicurezza dei nanomateriali e dal 2009 la commissione europea ha inserito nel regolamento , che entrerà in vigore a luglio 2013, uno specifica indicazione sull’utilizzo di nanomateriali nel cosmetico europeo.

E poi dicono che le dimensioni non fanno la differenza

Quanto è grande un nanometro ?

Impossibile visualizzarlo: immaginate la millesima parte di un metro, un millimetro (mm) e dividetelo per mille. Avrete un micron (um). Già un micron è troppo piccolo per essere distinto a occhio nudo. Adesso immaginate questo micron e dividetelo per mille; eccolo il Nanometro (nm) ! Più semplice immaginarsi il rapporto tra le due grandezze in termini di tempo: se un nanometro è un secondo , un metro sono circa 32 anni.

Nanoallarmismo !!!

Dalla religione, alla politica, fino al marketing di prodotti di consumo, la PAURA muove le scelte e decisioni dell’umanità. L’icona affianco ricorda una regola tipica del FEAR MARKETING: False Evidenze ( Prove ) Appaiono Reali. Così partendo da ragionevoli dubbi e preoccupazioni per i nanomateriali e le loro implicazioni per la salute sono montate campagne allarmistiche che con tipica superficialità e pressapochismo diffondono paura per tutto ciò che è “nano “. E’ una evidente sciocchezza. Il rischio per la salute di un aerosol con nanopolveri inalato non è il rischio di contatto dermico con un colloide con nanoparticelle. Se qualunque molecola dispersa in nanodimensioni in un liquido fosse così pericolosa come saremmo sopravvissuti al mare ed agli oceani ? Già ! proprio così. L’acqua salata del mare è piena di nanoparticelle , che possiamo separare con processi di nanofiltrazione o osmosi inversa . Parlando di rischi per la salute legati ai nanomateriali non si può generalizzare. Un nanoparticolato di 1 nm disperso in acqua non è molto più grande del sale da cucina sciolto in acqua. Ma quando la dispersione avviene a livello molecolare, come in una soluzione, il rischio specifico  nanopolveri sembra scomparire , per questo alcune norme tendono a considerare nanomateriali a rischio solo quelli “insolubili”.
Se inalare aerosol con nanomateriali fosse così genericamente micidiale perchè continuano a prescrivere trattamenti termali e perchè alcuni farmaci vengono somministrati con l’aerosol ?
Un articolo sul pericolo polveri sottili tratto da ComeDonChisciotte
Non è vero che più è piccola la dimensione della particella, più è alta la sua tossicità. La relazione tra”dimensioni della particella” e “risposta  nociva” non è affatto lineare. Ci sono sostanze di cui è nota la tossicità e pericolosità se inalate in particelle dell’ordine di qualche  micron ( migliaia di nanometri )  che risultano meno nocive  in dimensioni di nano scala.

Cosa è la nanotossicologia ?

Niente a che fare con la satira politica del ventennio berlusconiano. La nanotossicologia esiste davvero ed è una disciplina scientifica che studia gli effetti nocivi per la salute di materiali in formati inferiori a 100nm.
Dose, via di esposizione e natura della sostanza restano comunque fattori tossicologici determinanti a cui si sommano reazioni ed interazioni chimico fisiche specificamente legate alle dimensioni della particella.
http://it.wikipedia.org/wiki/Nanotossicologia

Perchè le dimensioni della particella possono rendere una sostanza nociva ?

1°-Se le dimensioni della particella sono sotto ai 100 nm alcune dimensioni all’interno o sulla superficie della particella sono comparabili con le grandezze dimensionali di alcuni fenomeni fisici: percorsi liberi medi degli elettroni o dei fotoni.
Questo comporta un confinamento quantico ed una riduzione dei gradi di libertà . In pratica riducendo a nanoscala si possono ottenere dalla stessa sostanza una diversa conduttività elettrica, una diversa fluorescenza, una diversa plasmabilità, diverse proprietà magnetiche ecc. 2°- più piccole sono le dimensioni maggiore è il rapporto superficie / volume della particella . Con un semplice modello si può ipotizzare che in una particella di diametro dell’ordine di 1 nm il 90% e oltre degli atomi che la compongono si trovino sulla superficie. In una particella di 20 nm il 10% degli atomi si trovano sulla superficie. Con tutti questi atomi esposti sulla superficie si hanno molte valenze insoddisfatte e legami coordinati difettosi. In pratica la sostanza in nanoscala è chimicamente e fisicamente molto più reattiva.

Rischi legati alle nanopolveri, specialmente in aerosol

I materiali nanometrici possiedono numerose proprietà chimico-fisiche peculiari che potrebbero avere un impatto imprevedibile sulla sicurezza e sulla salute umana.
L’interazione di questi nanomateriali con organi e tessuti umani ha suscitato oltre ad un’intensa curiosità, un enorme ansia sia nella comunità scientifica che nel pubblico cittadino. Si è assistito quindi alla nascita di una nuova disciplina chiamata “nanotossicologia” che si sta occupando dello studio delle interazioni di queste nanostrutture con i sistemi biologici. Fino a qualche anno fa questa scienza si è occupata di studi su cellule in vitro, ultimamente si è passati anche a studi in vivo. Questi ultimi risultano però più complicati rispetto ai primi per le interazione di più componenti ed eventi biologici che in vivo si verificano. L’esposizione della popolazione al nanoparticolato può avvenire indirettamente, o direttamente. L’esposizione indiretta è causata sia da nanoparticolati prodotti da processi naturali come incendi, terremoti ed esplosioni vulcaniche, sia da nanoparticolati derivanti dall’inquinamento atmosferico causato dall’indisciplinato progresso tecnologico che ne ha portato l’accumulo di grandi quantità nel nostro ecosistema (Kagan et al 2005). L’esposizione diretta può avvenire sia per applicazioni biomediche, terapeutiche o diagnostiche, sia per scopi cosmetici (Friedrichs and Schulte 2007).  Possiamo,quindi, dividere le cause di esposizione in:
1.Occupazionale 2.Non intenzionale 3.Per utilizzo di prodotti cosmetici 4.Per utilizzo di prodotti medici
Tutti gli effetti indesiderati dipenderanno dalle caratteristiche fisico-chimiche della superficie e del core delle nanoparticelle (Friedrichs and Schulte 2007; Asiyanbola and Soboyejo 2008). La loro  tossicità è riconducibile ad una serie di fattori come proteine seriche con le quali potrebbero reagire, reazioni enzimatiche cellulo-specifiche, biodistribuzione, metabolismo, clearance, risposta immunitaria, velocità di traslocazione, accumulo, ritenzione in siti critici, degradazione, cambiamenti qualitativi e quantitativi nella biocinetica in un organismo malato o compromesso (Friedrichs and Schulte 2007; Rickerby and Morrison 2007). I nanomateriali presentano un significativo potenziale di rischio, poiché possono essere escreti nell’ambiente dall’organismo che li assume, per poi entrare nell’ecosistema nel quale si disperdono (Liu 2006). In questo modo possono essere inalati per poi depositarsi nelle vie respiratorie, essere ingeriti ed assimilati tramite il tratto gastro-intestinale e depositarsi sulla cute ed essere assorbiti. Da questi siti possono poi traslocare in altri distretti corporei (Friedrichs and Schulte 2007). Sono necessarie quindi numerose strategie di screening di tossicità per accertare il potenziale rischio che essi presentano, soprattutto se tali nanomateriali presentano una reattività diversa dal loro materiale grezzo. È fondamentale che ogni tipo di nanomateriale sia classificato, caratterizzato e studiato (Chan 2006). I primi studi di nanotossicologia sono stati focalizzati sulle nanoparticelle prodotte non intenzionalmente, come il particolato atmosferico, ed hanno preso in considerazione la tossicità polmonare associata alla deposizione di particolato nel tratto respiratorio di alcuni animali (Ferin et al 1992; Oberdorster et al 2005), da questi studi è emerso un legame tra mortalità e la quantità di particolato prodotto dagli scarichi di automobili e da altre fonti di inquinamento cittadino (Zhu et al 2005). Animali da laboratorio esposti a questi particolati, hanno mostrato un aumento dell’infiammazione polmonare e dello stress ossidativo (Ferin et al 1992; Warheit et al 2004; Oberdorster et al 2005) e studi in vitro hanno confermato i dati ottenuti in vivo mostrando un aumento di stress ossidativo, produzione di citochine infiammatorie e apoptosi nelle cellule trattate (Brown et al 2004; Cui et al 2005). Al contrario delle nanoparticelle prodotte accidentalmente, i nanomateriali prodotti industrialmente possono essere sintetizzati in forme omogenee, con dimensioni e forme definite come, ad esempio, sfere, fibre o tubi. I pochi studi di nanotossicologia su questi nanomateriali ingegnerizzati hanno preso in considerazione la dimensione, forma e dose, relazionandoli ad un effetto biologico, cercando di capire se fosse possibile elaborare un modello biologico in cui ritrovare un profilo tossicologico specifico per le differenti proprietà (Oberdorster et al 2005). Le dimensioni sono inversamente proporzionali all’attività biologica causata dalla nanoparticella. Infatti più piccole sono le particelle e maggiore sarà l’area di superficie a parità di massa rispetto a particelle più grandi, maggiore sarà anche la probabilità di avere interazioni con il sistema biologico (Warheit 2004). Nanoparticelle di diverse dimensioni e composizione chimica possono preferenzialmente localizzarsi nei mitocondri in cui inducono il maggior danno strutturale contribuendo allo stress ossidativo (Li et al 2003). La carica di superficie determina il passaggio attraverso della barriera emato-encefalica, infatti nanoparticelle neutre e anioniche possono essere impiegate come carriers per veicolare farmaci all’encefalo, mentre nanoparticelle cationiche provocano un immediato effetto tossico alla barriera emato-encefalica (Lokman et al 2004). Il coating svolge un ruolo fondamentale nel prevenire la tossicità, QD (Quantum Dot) di Cadmio-Selenio (CdSe) provocano tossicità acuta in cellule epatiche primarie per la liberazione di ioni Cd2+ a seguito del deterioramento del reticolo di CdSe, il rivestimento di questi QD con materiale non deteriorabile ne elimina la tossicità (Derfus 2004). QD commerciali con diversi tipi di rivestimento superficiale hanno evidenziato, in cheratinociti, diversi effetti citotossici a seconda del coating (Ryman-Rasmussen et al 2007). Nanoparticelle di carbonio, fullereni e nanotubi, e i quantum dots possono creare specie reattive dell’ossigeno determinando un danno sia in vitro che in vivo (Oberdorster et al 2005). I nanotubi di carbonio single-walled possono causare, a livello polmonare infiammazione dopo instillazione (Warheit et al 2004; Cui et al 2005), in cellule epiteliali bronchiali ed in cheratinociti hanno indotto un aumento dei markers dello stress ossidativo (Monteiro-Riviere et al 2005). I nanotubi multi-walled persistono nelle parti più profonde del polmone, sono in grado di indurre sia una risposta infiammatoria mediata da citochine, che fibrotica, si localizzano nei vacuoli citoplasmatici portando ad un aumento del rischio di carcinogenesi (Shvedova et al 2005). Questi nanotubi sulle cellule epiteliali umane in vitro, hanno causato l’attivazione dell’espressione di molte proteine implicate nel controllo della crescita cellulare, causando così un’inibizione del ciclo cellulare, alterazione dell’esocitosi e del traffico vescicolare, un espressione sregolata dei filamenti intermedi e una down-regolazione delle proteine scaffold di membrana (Monteiro-Riviere et al 2005).

Nanorischi cosmetici

Al momento il rischio maggiore sembra essere quello di non poter a mettere a norma (regolamento)  un qualunque cosmetico con nanomateriali .
Infatti  la definizione del regolamento è ambigua , contraddetta dalla raccomandazione 2011/696/EU e impone valutazioni di sicurezza all’interno di matrici complesse e per di più senza nessun test su animali.
A parte il rischio delle polveri sottili in aria poi non sono facili da valutare i rischi di nanomateriali in forma aggregata o agglomerata, o quelli “legati” in un colloide.
Al momento i principali ingredienti cosmetici sotto osservazione per i rischi da nanoscala sono 3:
Sono filtri solari e possono in dimensioni nano accentuare dei rischi di fototossicità. Mentre nel settore alimentare la granulometria media è attorno ai 100 nm nell’utilizzo cosmetico per filtraggio UV sono preferite granulometrie inferiori (fino a 14 nm) per garantire la massima trasparenza sulla pelle del prodotto applicato.
Anche escludendo le problematiche relative a nanoparticelle “labili” o solubili, quindi escludendo nanoemulsioni, soluzioni, liposomi, nanosomi e simili la lista degli ingredienti cosmetici che potrebbero ricadere nel rischio nanoscala è lunga. Ritengo che molto pochi nella industria cosmetica siano in grado di calcolare gli effetti della lavorazione e stimare quanto una energica miscelazione ed altri processi produttivi possano ulteriormente ridurre le dimensioni delle particelle di alcuni ingredienti cosmetici, pertanto mi baserei sulle materie prime commerciali.
  • Silice: la silice in nanoscala è utilizzata ampiamente nei dentifrici e in molti gel cosmetici; quand’anche non rientrasse nelle restrizione della regolamentazione cosmetica dovrebbe conformarsi alle indicazioni EFSA sul suo utilizzo alimentare ; in ogni caso , se non ricordo male Cosmetic Europe , ex Colipa, a dicembre del 2012 ha cominciato a raccogliere dossier ed opinioni di produttori di cosmetici e loro ingredienti da fornire all’ Sccs prima che si pronunci per una eventuale restrizione.
  • Oro, argento colloidali: contrariamente a quello che si pensa, l’oro colloidale ha un bel colore rosso vinaccia ( una delle conseguenze del confinamento quantico dei fotoni ) e visto che ha come unica funzionalità cosmetologica quella di far vendere le creme a prezzo carissimo è facile immaginare che si troverebbe nei cosmetici a dosaggi omeopatici. L’argento colloidale al contrario potrebbe avere una funzionalità batteriostatica. Considerata l’alta tossicità già non in dimensioni di nanoscala, richiederà capacità funanboliche di chi redige il dossier di sicurezza del cosmetico.
  • Kaolino, bentonite, montmerillonite, hectorite , argille varie: anche senza entrare nella delicata materia dei nanoclay e particolari argille lavorate in mulini ad aria a più stadi, le argille ventilate possono avere una percentuale non irrilevante di particelle inferiori a 100 nm. Visto che si tratta per lo più di silicato di alluminio e che difficilmente una industria cosmetica conosce la distribuzione granulometrica di queste materie prime probabilmente verranno trattate con il tipico approccio: “sono materie prime “naturali” usate da sempre , quindi sicure….poi c’è anche chi se le mangia pensando che facciano bene… “.
  • Talco, polveri minerali fini, carbonato di calcio, magnesio ecc..: sono forniti con una distribuzione granulometrica media da 1 a 5 um ( micron ). A seconda del tipo di mulino e del processo produttivo, difficilmente hanno una percentuale di particelle sotto ai 100 nm superiore al 5%, ma non fa certamente bene respirarseli.
  • Pigmenti: anche se molti pigmenti per avere effetti di translucenza, iridescenza , brillantezza ecc. vengono forniti in diensioni di nanoscala la maggioranza dei pigmenti coprenti superano i 10 um ( micron) di medium particle size.
  • Farine-zuccheri-sali impalpabili: queste polveri risultano impalpabili anche se spesso di dimensioni superiori ai 10 um. Inoltre per la loro solubilità in acqua spesso non rientrano nel rischio polveri in nanoscala anche se inserite non in soluzione all’interno del cosmetico.
Riferimenti:
Nanoparticles and their interactions with the dermal barrier
iccr-4_2010-eng
fda carbon pigment safety
EPA_NANO-TIO2_FINAL
FDA Draft Guidance for Industry: Safety of Nanomaterials in Cosmetic Products
sccs safety assesment of nanomaterial
CTFA presentation: Safety of Nanoscale Materials in Personal Care Products
Workgroup dell’OCSE sui nanomateriali
irmm nanomaterials 
EU health nanotecnology
Ispesl: Effetti sulla salute dei nanomateriali ingegnerizzati
Cosmetic Nanopresent and nanofuture, part 1
Cosmetic Nanopresent and nanofuture, part 2
Kraeling, ME, Gopee, NV, Roberts, DW, Ogunsola, OA, Walker, NJ, Yu, WW, Colvin, VL, Howard, PC and Bronaugh, RL. (2007) Evaluation of in vitro penetration of quantum dot nanoparticles into human skin. The Toxicologist 96: 289
definizione IUPAC dei colloidi

Rodolfo Baraldini

pubblicato :11 febbraio 2013

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