sabato 29 ottobre 2016

Perchè piacciono i cosmetici koreani ?


Perchè piacciono i cosmetici koreani ?
Perchè piacciono i cosmetici koreani ?

Perchè piacciono i cosmetici koreani ?

Cominciano a piacere, sembra siano oggetto di una nuova moda. Se ne parla con l’entusiasmo per la scoperta imprevista, la novità che scompiglia le carte sul tavolo, che cambia i paradigmi. Sono i cosmetici coreani.
Sono stato in Corea del sud una decina di volte. Sempre per lavoro, oltre 20 anni fa.
Erano gli anni in cui l’industria, soprattutto elettronica, coreana cominciava a soppiantare quella giapponese. Erano anche gli anni in cui, con quella che i coreani chiamano hallyu è montata, soprattutto nei vicini paesi asiatici, una sorta di onda favorevole, una vera e propria moda per tutto ciò che è coreano.
Il Giappone stava entrando nel ventennio di stagnazione che alcuni economisti chiamano “the lost decades” ed i grandi gruppi giapponesi trasferivano know-how produttivo nei paesi asiatici geopoliticamente preferiti: Taiwan e Corea del sud.
Nell’arco di una decina di anni, durante le mie visite, ho visto un paese povero dove i salari erano circa un decimo dei nostri, trasformarsi in una economia forte, aggressiva; non a caso le chiamano tigri asiatiche.
LG si chiamava ancora Lucky Goldstar, Daewoo non era ancora fallita e Samsung era già una potenza.
Sono Chaebol, in coreano credo significhi clan/famiglia, enormi conglomerati industriali che possono crescere a dismisura orizzontalmente e verticalmente, spaziando nei più diversi settori: dalle costruzioni navali, agli aeroplani, dalla chimica fine, alle automobili, dall’elettronica, all’industria tessile.
Questa premessa per anticipare la particolarità di un gruppo della cosmesi con volumi di vendite che si avvicinano alla metà dell’intero mercato italiano del cosmetico, di un paese, relativamente piccolo e lontano, una nazione di cui non si sa neppure bene che nome abbia. Per avere una idea del suo giro di affari, è quasi come se tra 10 cosmetici, di qualunque tipo, venduti in Italia, quattro fossero della coreana Amore Pacific. Un risultato enorme che mette il gruppo tra i primi 20 giganti della cosmesi mondiale. La Corea del sud di oggi non è quella che visitai. Hanno un PIL quasi uguale al nostro, sestuplicato in 25 anni, e le esportazioni di cosmetici skin care sono aumentate del 1500% in 15 anni (1998~2012). Le esportazioni di cosmetici hanno superato i 2,64 miliardi di US$ su base annua.

Cosmesi Coreana

Il fenomeno dell’hallyu cioè l’influenza della cultura e creatività coreane, non poteva non coinvolgere la cosmesi. In origine erano soap opera, attori e cantanti coreani che incontrarono un sorprendente successo in Giappone ed in Cina. Non deve stupire che dalle star del cinema e della TV si passasse ai canoni di bellezza. Attualmente le norme che regolano in Corea del sud quello che per noi è un cosmetico lo classificano in 3 categorie: cosmetico, cosmetico funzionale (antirughe, solari, schiarenti) e quasi-drug ( acne, colluttori, colorazione capelli ). Una impostazione che, almeno parzialmente , è simile a quella di altri paesi asiatici.
A seconda della classificazione vengono richiesti controlli diversi. L’importazione è libera, sono finiti i tempi in cui, a supporto della l’industria nazionale vennero proibite per legge (1961) le importazioni di cosmetici. L’import di cosmetici funzionali e di quasi-drug comporta una approvazione pre-market. La Corea del sud ha recentemente approvato la legge che mette al bando i test su animali per i cosmetici dal 2018. La lunga dominazione giapponese ante guerra aveva tracciato una pesante influenza della cosmesi giapponese, con i suoi prodotti e le sue routine. I primi grandi gruppi coreani che nacquero ormai 70 anni fa, Amorepacific e LG houseold &healtcare avevano produzioni fortemente influenzate dalla cosmesi giapponese. Come tipologia di prodotti, era notevole il peso di maschere e polveri e come accade spesso nei paesi asiatici già da molti anni è presente e rilevante un segmento di cosmesi per l’uomo, che in occidente stenta a decollare. Dopo la guerra fra le due Coree l’influenza della cultura occidentale e della cosmesi europea si fa sentire, non è un caso che la traslitterazione del gruppo leader utilizzi una parola italiana “AMORE”.
Il mercato coreano è dominato da 2 chaebol(Amorepacific 34% e LG household & healthcare 10%) che assieme sopravanzano ampiamente le marche estere (25%). Solo nel 2014 le esportazioni di cosmetici dalla Corea hanno superato le importazioni, in parte per il grande effetto hallyu sul mercato cinese, in parte per il successo globale del concept delle BB cream e del make-up “cushion”.
Puntando molto sulla creatività sono stati notevoli gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&D) ed è facile nel cosmetico coreano trovare soluzioni formulative e di design particolarmente originali e innovative. Con l’hallyu, la comunicazione si è evoluta puntando sempre più sulla “bellezza asiatica” e sulle cure tradizionali patrimonio della cultura orientale, in coreano l’Hanbang. The e ginseng possono entrare nel cosmetico coreano in tutte le salse.
Come in tutte le aziende marketing oriented non si trascurano concept che “funzionano” a livello globale. Il concept delle BB cream ci raccontano che provenga da formulazioni tedesche e molte marche, evidentemente in Corea non ci sono norme rigide come quelle europee per impedire che il cosmetico possa essere confuso con il cibo, propongono cosmetici che nel design complessivo, cioè nel packaging, nel aroma, ecc.., evocano prodotti alimentari.
Le grandi dimensioni industriali dei chaebol e la tendenza a creare trust verticali che controllavano tutta la filera produttiva ha fatto si che in Corea del sud si sviluppasse anche una importante industria della chimica fine e delle biotecnologie per fornire all’industria cosmetica ingredienti innovativi ad alta tecnologia.
Come in tutto il mercato asiatico il target femminile del cosmetico anche skin care, è molto più giovane di quello europeo

Maschere in crema, fango, tessuto, carta, peel-off sono comuni nella cosmesi asiatica, non solo coreana.

Alcune linee coreane esasperano la relazione tra cosmetico e cibo.

Evidenti gli investimenti, la ricerca e l innovazione anche del packaging

Amorepacific

Parlando del successo della cosmesi coreana non si può non parlare di Amorepacific. Quasi tutte le marche conosciute da noi sono marche dello stesso gruppo. Il gruppo nasce alla fine della dominazione giapponese con un prodotto tradizionale, un olio siccativo per capelli, come composizione abbastanza vicino al nostro olio di lino, l’olio di camellia sativa e con la distribuzione porta a porta.
Oggi le vendite dirette attraverso le Amore ladies sono ancora rilevanti ed il gruppo ha creato alcune linee cosmetiche ad alto costo dedicate esclusivamente a questo sistema distributivo. La strategia del gruppo si caratterizza per la estrema frammentazione dei marchi. Sono suoi ben 28 marchi cosmetici : i più noti Laneige, Hera, Lirikos, Sulwhasoo destinati anche all’export in occidente.
L’obiettivo di entrare nel mercato europeo ed americano in Amorepacific non è di questi ultimi tempi. Una prima operazione verso l’europa nel 1990 , specialmente in Francia con il marchio Lirikos è fallita miseramente. I tempi non erano maturi per superare la diffidenza del consumatore europeo per linee con un “country of origin” non accattivante. Insomma 25 anni fa un cosmetico prodotto nella quasi sconosciuta Corea non aveva nessun appeal. Vagonate di telefonini, televisori, frigoriferi, automobili made in Corea hanno creato una immagine di affidabilità per i prodotti coreani che prima non c’era. A parte il successo della canzonetta Gangnam style la consumatrice europea non è stata sommersa dall’onda dell’hallyu e più che gli aspetti culturali-creativi in occidente vengono apprezzati la competitività ed affidabilità dei prodotti. Amorepacific poi, per superare le ultime diffidenze e barriere, ha investito creando un impianto produttivo a Chartres ed un centro di R&D a Parigi. Ho avuto modo di vedere il layout dell’impianto produttivo, con molte linee produttive in parallelo, quindi non una delle solite fabbriche “civetta”. È incredibile quante aziende cosmetiche presentino laboratori e impianti fingendo che la produzione sia effettivamente loro quando invece è quasi totalmente affidata anche nel design a terzisti.
Nel complesso gli investimenti in R&D sono relativamente alti: le pubblicazioni scientifiche dei ricercatori del gruppo o sponsorizzate sono molte, così come molti, oltre 200, sono i brevetti registrati anche a livello internazionale.

Altre marche coreane

La crema Olio di Cavallo della Samsung
Lontani come siamo dall’esperienza dei chaebol coreani facciamo fatica a concepire un tonico LG o una crema Samsung. Sono marche che ci fanno pensare ad un telefonino o un televisore. Da quel che so la Hyunday non ha una sua linea cosmetica, anche se sono Hyunday molti impianti (specialmente turbo emulsori ) utilizzati per la produzione cosmetica.
Sotto ad Amorepacific i principali gruppi cosmetici sono:
  • LG che grazie al successo di The History of Whoo soprattutto in Cina e con l’acquisizione di The Face Shop ha scalato la classifica delle vendite
  • Able C&C di cui in occidente si conosce il marchio Missha.
  • Aekyung, titolare dei marchi per capelli Kerasys e Esthaar, che ha dimensioni medio-grandi ma deve gran parte delle sue vendite a detergenti per la casa.
  • L’estrema vitalità dell’industria cosmetica coreana dipende anche da oltre 700 marchi/produttori di dimensioni più piccole, che non esitano a lanciare sul mercato linee e prodotti anche molto innovativi. In alcune linee si intravvedono scelte marketing coraggiose, particolarmente originali che fanno pensare ad un approccio “giovanile” al mercato. A fronte di alcuni marchi “generalisti” molti sono fortemente caratterizzati per specifici segmenti o canali distributivi.
    Le marche più intriganti:
    Nature Repubblic: la interpretazione coreana del cosmetico green
    TonyMoly: con i suoi packaging estremamente originali
    Too Cool for School: con il suo taglio decisamente giovanile.

    Perché piacciono i cosmetici coreani?

    Vari anni fa ho visto decine e decine di persone fare la fila davanti ad un negozio Swatch per comprare a cifre assurde degli orologi con un design che oggi si trova a meno di 10€.
    Non credo esista una ragione specifica per cui ad un certo punto parte una moda e cresce esponenzialmente la domanda di uno specifico prodotto. Chi ha studiato le bolle speculative della finanza ancora si domanda che senso aveva più di un secolo fa la folle corsa all’acquisto di tulipani olandesi.
    È indiscutibile la grandissima competitività del sistema politico-industriale cresciuto nella Corea del sud.
    Ha avuto anche la grande fortuna di potersi espandere sull’enorme mercato cinese in una momento in cui il modello Giappone aveva perso il suo smalto, sfruttando anche l’influenza di un modello culturale trasferibile in altri paesi asiatici.
    In occidente la differenza tra i modelli sociali e la cultura coreana e quelli di altri paesi asiatici (giapponesi o cinesi ) non è facilmente percepita, mentre è più forte il riconoscimento di una immagine di affidabilità legata al “country of origin” costruito con il successo dell’industria elettronica e automobilistica coreana.
    I cosmetici coreani possono attirare il consumatore per la loro impronta di innovazione e creatività, giustificata anche dai grandi investimenti fatti in R&D . Investimenti possibili solo con certe economie di scala.
    In termini di efficacia e funzionalità cosmetica, purtroppo, niente di veramente nuovo sotto il sole.
    Come spesso succede nel marketing alcuni concept del cosmetico coreano hanno avuto un notevole successo, quando le stesse idee o prodotti analoghi in tempi e paesi diversi non l’hanno avuto.
    Rodolfo Baraldini
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