Solari che macchiano irrimediabilmente i vestiti
Ho parlato più volte del problema cosmetici che macchiano i vestiti.
È materia complessa, di cui si parla poco, anche se sempre più consumatori hanno subito danni anche notevoli, specialmente da cosmetici per protezione solare.
La “colpa” è un fenomeno non abbastanza studiato e compreso nella cosmesi.
In sostanza ci si applica un ottimo cosmetico, poi la camicetta, quella bella di seta o semplicemente l’asciugamano, vengono macchiati giallo limone o marron nei punti in cui è andato a contatto con la pelle.
Alcune macchie sembrano irrimediabili ed a nulla servono lavaggi anche a secco o con candeggina. Non mancano poi macchie che emergono e diventano più evidenti proprio con il lavaggio.
Comprendere le cause non è facile.
1- ci sono reazioni tra il cosmetico e le fibre dei tessuti o meglio i loro additivi di cui non possiamo capire molto, visto che nessuno dichiara che additivi sono stati applicati per stabilizzare un tessuto.
Insomma, i tessuti possono essere trattati con antimicrobici, oli emollienti, filtri solari, pigmenti della cui natura sappiamo poco o nulla e la macchia può essere risultato di una reazione tra il cosmetico e gli additivi del tessuto, ammesso che ci siano ancora dopo tot lavaggi.
2- ci sono reazioni di alcuni ingredienti cosmetici che formano, specialmente se attivate dagli ultravioletti o dal calore, dei veri e propri cromofori, pigmenti in genere gialli.
Il termine flavonoidi ha le sue radici nel latino flavus: giallo, biondo, fiammeggiante. I flavonoidi “tingono” e tutte le creme che vantano la presenza di estratti erbali ricchi di flavonoidi che appaiono bianche candide di flavonoidi ne hanno probabilmente molto pochi dentro.
Moltissimi ingredienti, anche vegetali, che appaiono sostanzialmente bianchi o trasparenti possono virare verso un giallo intenso o un marron ruggine a seguito di reazioni, spesso accelerate dalla luce ultravioletta.
La reazione più studiata/nota è quella di uno dei più diffusi filtri solari per gli UVA, l’avobenzone, alias l-(4-methoxyphenyl)-3-(4-tert-butylphenyl)propane-1,3-dione o se preferite la denominazione INCI: Butyl Methoxydibenzoylmethane.
Questo, come altre sostanze che “assorbono” le radiazioni UV sfruttando l’equilibrio ketone-alcohol (keto-enol tautomerism), è particolarmente instabile e bastano tracce di metalli, gli ossidi di zinco e di titanio, ma anche l’alluminio di alcuni coating, il Ferro Fe2+, Fe3+ che da qualche parte ci scappa sempre, per legarsi e formare complessi che non solo non filtrano più come vorremmo gli UV, ma tingono di giallo, rosso o altro.
Le tracce di metalli si possono trovare anche nell’acqua di lavaggio, così alcune macchie possono evidenziarsi maggiormente dopo il lavaggio.
Le reazioni fotocatalitiche innescate dai filtri formati da ossidi metallici, possono creare cromofori non solo in quei filtri solari con anello benzoico già di loro poco stabili anche senza ossidi metallici, ma anche da qualunque altro ingrediente fenolico.
La trasformazione fotocatalitica del fenolo in pirocatecolo potrebbe essere considerata un marker di queste reazioni che producono cromofori. Anche l’ossidazione di acidi grassi insaturi fa la sua parte.
Paradossalmente, visto che i radicali perossido formati dai filtri metallici esposti ai raggi UV sono fondamentali in questi processi, si può dire che il biossido di titanio incerti casi sbianca, ad esempio le barriere coralline, in certi casi ingiallisce, ad esempio alcuni oli vegetali.
Anche se non è corretto semplificare così tanto e trarre conclusioni, questo può parzialmente spiegare perché per rimuovere dai tessuti macchie di questo tipo prodotte da filtri solari varichina ed acqua ossigenata non funzionano come spereremmo.
La materia è nota da tempo e indirettamente molti studi per la stabilità dei filtri solari hanno una ricaduta sul problema macchie nei vestiti. Ho notato che, ad esempio, questo solare nivea (link) è formulato con biossido di titanio e avobenzone, ma nel coating del biossido di titanio non compare alumina.
Visto che non si può garantire che il reagente che può innescare queste reazioni non si trovi nel tessuto anziché nel cosmetico è estremamente difficile per le aziende garantire un solare che non macchi.
È però possibile formulare solari stabili o stabilizzati dove queste reazioni fotoindotte non accadono o accadono in misura molto limitata.
La presenza in etichetta di filtri o antiossidanti che virano notoriamente al giallo o al rosso non comporta che il cosmetico finito macchi. Ci sono specifici accorgimenti formulativi per ridurre questo rischio.
Il rischio di macchiare i vestiti può esserci sia con solari formulati solo con filtri minerali sia con solari formulati solo con filtri organici, sia con solari formulati con entrambi.
Le reazioni fotocatalitiche dei filtri minerali sono possibili sia nella forma nano che in forma non nano.
Con i filtri minerali un rivestimento/coating è comunque necessario anche se molti rivestimenti sul mercato a loro volta non sono stabili ed alcuni perdono la loro efficacia ( capacità di stabilizzare ) già durante la lavorazione del cosmetico.
Le aziende dovrebbero comunque segnalare chiaramente in etichetta e nelle istruzioni per l’uso il rischio di macchiare gli indumenti e quando la cosa è nota e si sa che può manifestarsi in modo grave, dovrebbero anche dare indicazioni su come smacchiare ( sono in genere procedure non intuitive e distanti dai rimedi ruspanti che si trovano in rete ).
La mancanza di queste indicazioni apre la possibilità di rivalsa per i danni subiti quando l’entità del danno è alta.
I consumatori dovrebbero, anche se non intendono chiedere risarcimenti e la faccenda non ricade nell’ambito della cosmetovigilanza, segnalare il problema alle aziende. Solo una maggiore responsabilizzazione di chi formula e produce può ridurre il problema.
Rodolfo Baraldini
pubblicato 19 giugno 2015
Articoli correlati:
http://www.nononsensecosmethic.org/formulare-green-il-sistema-antiossidante-ed-i-cosmetici-a-pois/
http://www.nononsensecosmethic.org/deodoranti-invisibili-pubblicita-senza-macchia/
Riferimenti:
UVA Chemical Filters: A Systematic Study, Jacqueline F. Cawthray, 2009
Photocatalytic Activity of Inorganic sunscreens
Photostability of commercial sunscreens upon sun exposure and irradiation by ultraviolet lamps
Photocatalytic Activity of Titanium Dioxide and Zinc Oxide; M. Kobayashi and W . Kalriess Cosmetics & Toiletries, vol. 112, no 6, p. 83
È materia complessa, di cui si parla poco, anche se sempre più consumatori hanno subito danni anche notevoli, specialmente da cosmetici per protezione solare.
La “colpa” è un fenomeno non abbastanza studiato e compreso nella cosmesi.
In sostanza ci si applica un ottimo cosmetico, poi la camicetta, quella bella di seta o semplicemente l’asciugamano, vengono macchiati giallo limone o marron nei punti in cui è andato a contatto con la pelle.
Alcune macchie sembrano irrimediabili ed a nulla servono lavaggi anche a secco o con candeggina. Non mancano poi macchie che emergono e diventano più evidenti proprio con il lavaggio.
Comprendere le cause non è facile.
1- ci sono reazioni tra il cosmetico e le fibre dei tessuti o meglio i loro additivi di cui non possiamo capire molto, visto che nessuno dichiara che additivi sono stati applicati per stabilizzare un tessuto.
Insomma, i tessuti possono essere trattati con antimicrobici, oli emollienti, filtri solari, pigmenti della cui natura sappiamo poco o nulla e la macchia può essere risultato di una reazione tra il cosmetico e gli additivi del tessuto, ammesso che ci siano ancora dopo tot lavaggi.
2- ci sono reazioni di alcuni ingredienti cosmetici che formano, specialmente se attivate dagli ultravioletti o dal calore, dei veri e propri cromofori, pigmenti in genere gialli.
Il termine flavonoidi ha le sue radici nel latino flavus: giallo, biondo, fiammeggiante. I flavonoidi “tingono” e tutte le creme che vantano la presenza di estratti erbali ricchi di flavonoidi che appaiono bianche candide di flavonoidi ne hanno probabilmente molto pochi dentro.
Moltissimi ingredienti, anche vegetali, che appaiono sostanzialmente bianchi o trasparenti possono virare verso un giallo intenso o un marron ruggine a seguito di reazioni, spesso accelerate dalla luce ultravioletta.
La reazione più studiata/nota è quella di uno dei più diffusi filtri solari per gli UVA, l’avobenzone, alias l-(4-methoxyphenyl)-3-(4-tert-butylphenyl)propane-1,3-dione o se preferite la denominazione INCI: Butyl Methoxydibenzoylmethane.
Questo, come altre sostanze che “assorbono” le radiazioni UV sfruttando l’equilibrio ketone-alcohol (keto-enol tautomerism), è particolarmente instabile e bastano tracce di metalli, gli ossidi di zinco e di titanio, ma anche l’alluminio di alcuni coating, il Ferro Fe2+, Fe3+ che da qualche parte ci scappa sempre, per legarsi e formare complessi che non solo non filtrano più come vorremmo gli UV, ma tingono di giallo, rosso o altro.
Le tracce di metalli si possono trovare anche nell’acqua di lavaggio, così alcune macchie possono evidenziarsi maggiormente dopo il lavaggio.
Le reazioni fotocatalitiche innescate dai filtri formati da ossidi metallici, possono creare cromofori non solo in quei filtri solari con anello benzoico già di loro poco stabili anche senza ossidi metallici, ma anche da qualunque altro ingrediente fenolico.
La trasformazione fotocatalitica del fenolo in pirocatecolo potrebbe essere considerata un marker di queste reazioni che producono cromofori. Anche l’ossidazione di acidi grassi insaturi fa la sua parte.
Paradossalmente, visto che i radicali perossido formati dai filtri metallici esposti ai raggi UV sono fondamentali in questi processi, si può dire che il biossido di titanio incerti casi sbianca, ad esempio le barriere coralline, in certi casi ingiallisce, ad esempio alcuni oli vegetali.
Anche se non è corretto semplificare così tanto e trarre conclusioni, questo può parzialmente spiegare perché per rimuovere dai tessuti macchie di questo tipo prodotte da filtri solari varichina ed acqua ossigenata non funzionano come spereremmo.
La materia è nota da tempo e indirettamente molti studi per la stabilità dei filtri solari hanno una ricaduta sul problema macchie nei vestiti. Ho notato che, ad esempio, questo solare nivea (link) è formulato con biossido di titanio e avobenzone, ma nel coating del biossido di titanio non compare alumina.
Visto che non si può garantire che il reagente che può innescare queste reazioni non si trovi nel tessuto anziché nel cosmetico è estremamente difficile per le aziende garantire un solare che non macchi.
È però possibile formulare solari stabili o stabilizzati dove queste reazioni fotoindotte non accadono o accadono in misura molto limitata.
La presenza in etichetta di filtri o antiossidanti che virano notoriamente al giallo o al rosso non comporta che il cosmetico finito macchi. Ci sono specifici accorgimenti formulativi per ridurre questo rischio.
Il rischio di macchiare i vestiti può esserci sia con solari formulati solo con filtri minerali sia con solari formulati solo con filtri organici, sia con solari formulati con entrambi.
Le reazioni fotocatalitiche dei filtri minerali sono possibili sia nella forma nano che in forma non nano.
Con i filtri minerali un rivestimento/coating è comunque necessario anche se molti rivestimenti sul mercato a loro volta non sono stabili ed alcuni perdono la loro efficacia ( capacità di stabilizzare ) già durante la lavorazione del cosmetico.
Le aziende dovrebbero comunque segnalare chiaramente in etichetta e nelle istruzioni per l’uso il rischio di macchiare gli indumenti e quando la cosa è nota e si sa che può manifestarsi in modo grave, dovrebbero anche dare indicazioni su come smacchiare ( sono in genere procedure non intuitive e distanti dai rimedi ruspanti che si trovano in rete ).
La mancanza di queste indicazioni apre la possibilità di rivalsa per i danni subiti quando l’entità del danno è alta.
I consumatori dovrebbero, anche se non intendono chiedere risarcimenti e la faccenda non ricade nell’ambito della cosmetovigilanza, segnalare il problema alle aziende. Solo una maggiore responsabilizzazione di chi formula e produce può ridurre il problema.
Rodolfo Baraldini
pubblicato 19 giugno 2015
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http://www.nononsensecosmethic.org/deodoranti-invisibili-pubblicita-senza-macchia/
Riferimenti:
UVA Chemical Filters: A Systematic Study, Jacqueline F. Cawthray, 2009
Photocatalytic Activity of Inorganic sunscreens
Photostability of commercial sunscreens upon sun exposure and irradiation by ultraviolet lamps
Photocatalytic Activity of Titanium Dioxide and Zinc Oxide; M. Kobayashi and W . Kalriess Cosmetics & Toiletries, vol. 112, no 6, p. 83
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