Cosmetici “Nickel tested”: Fear mongering o reale riduzione del rischio ?
I meccanismi della reazione al nickel sono stati ampiamente studiati : chi ha individuato IgE specifiche, chi carenze anche di origine epigenetica nella filaggrina cutanea, chi uno specifico recettore , il TLR4 , dove il nickel “aptenizzando” l’istidina innescherebbe la “cascata” infiammatoria. Non ho l’impressione che sia stata scritta la parola fine e mi risulta che sia sull’influenza del nickel assunto attraverso i cibi, sia sulla possibilità di “vaccinarsi”, cioè indurre una iposensibilizzazione assumendo dosi controllate di sali solubili di nickel, o su una possibile immunotolleranza, non siano state tratte conclusioni supportate da ampio consenso.
Non solo allergie.
La grande reattività del nickel con le proteine, come di altri metalli, è anche alla base della loro generica tossicità. In alcuni casi, nickel compreso, questi metalli sono classificati anche come cancerogeni.
Anche per questo, indipendentemente dal rischio allergico, la maggioranza di questi metalli “tossici” sono inseriti con i loro composti nell’allegato II del regolamento cosmetico, cioè nella lista delle sostanze proibite; quelle che non possono essere inserite come ingrediente, a qualunque concentrazione, in un cosmetico.
Il rischio nickel nel cosmetico è quindi dipendente dalle possibili Impurità Cosmetiche , cioè sostanze che possono trovarsi nel cosmetico, anche se non sono state utilizzate come ingrediente. Non essendo ingredienti e non essendo tra i potenziali allergeni profumanti, non devono sottostare all’obbligo di essere esplicitati nella lista ingredienti. Il consumatore allergico al nickel non ha quindi modo di verificare dalla lista ingredienti se il cosmetico può rappresentare un rischio per la sua salute.
Neppure esistono norme chiare che limitino la massima concentrazione di nickel, in termini di impurità, all’interno del cosmetico.
Riduzione del rischio.
Chi è allergico deve cercare di ridurre l’esposizione all’allergene. Nel caso del nickel che si può trovare in tanti alimenti, nell’acqua , nelle leghe metalliche e in tantissimi altri oggetti di uso comune, la probabilità di venirci a contatto si può ridurre ma è impossibile da annullare.
Una direttiva europea ed alcune norme nazionali hanno da anni imposto una limitazione del nickel che può essere rilasciato da gioielli, orecchini ed altri oggetti a contatto con la pelle.
La soglia di rilascio di nickel fissata dalle restrizioni UE è 0.5 µg/cm2/per 30′ una o più volte in 2 settimane e meno della metà per le parti a contatto con i fori nei lobi delle orecchie.
Nonostante la commercializzazione di prodotti non a norme e la aumentata diffusione dei piercing e dei tatuaggi, in alcuni paesi europei dove queste limitazioni sono state applicate si è rilevata una riduzione dell’incidenza delle dermatiti da contatto al nickel.
Quale è la soglia sicura ?
Il NOAEL, la concentrazione che non manifesta reazioni avverse, del Nickel calcolato su umani come reazione allergica su singolo contatto in individui sensitizzati risulta pari a 100 ppm (Emmett e al. 1988, Eun e Marks. 1990, Menne e Calvin, 1993). Mancano dati su applicazioni ripetute come potrebbero essere quelle cosmetiche. 10 ppm è invece la soglia “proposta” per il nickel nel cosmetico dal Istituto Superiore di Sanità [ISS documento n°SGT 43/09 19721 FARM-CHF22 (prot. 03/07/2009-0034194)]. Considerando condizioni peggiori, test occlusivo 48H, anche su pelle irritata di soggetti sensibilizzati, oltre il 90% dei soggetti non reagisce a concentrazioni inferiori a 1 ppm.
Anche se soggetti ipersensibili possono reagire com 0,5 ppm i limiti proposti nel cosmetico dal ISS(10 ppm) o da alcune linee guida (5ppm) comportano una esposizione al nickel che può produrre reazioni solo in rari casi.
Quanto nickel c’è effettivamente nei cosmetici ?
Varie analisi di cosmetici sul mercato , alcuni ricercatori italiani e alcuni danesi sono tra quelli che hanno prodotto più ricerche, hanno rilevato che raramente il tenore di nickel si avvicina ai 10 ppm e molto molto raramente, da produttori meno affidabili, supera i 100 ppm. Questo significa che anche nei cosmetici non testati è molto raro che si possa rilevare un tenore di nickel biodisponibile tale da scatenare reazioni allergiche ed in effetti le segnalazioni di reazione da cosmetico sono comunque relativamente rare indipendentemente dal fatto che i cosmetici non si dichiarino “nickel tested”.
I ricercatori dell’ISS hanno anche valutato i cosmetici che si dichiarano Nickel Tested rilevando che effettivamente le concentrazioni di nickel sono inferiori a 1 ppm (la soglia normalmente dichiarata).
Cosa significa Nickel tested?
I claim “Nickel Free” o “Senza Nickel” sono scorretti e potenzialmente ingannevoli. In effetti, salvo rari casi, non vengono utilizzati da chi vende il cosmetico.
Al loro posto il claim ” Nickel tested” lascia vari margini di interpretazione.
Se non chiaramente specificato il consumatore non può sapere se tutti i lotti produttivi vengono testati e quale è la soglia che il produttore discrimina e garantisce.
Inoltre il marketing, pensando che i “grandi numeri” facciano vendere, tende a descrivere la massima concentrazione “testata” con una sequela di zeri dopo la virgola di difficile lettura.
0,0001% fa più impressione che 1 ppm e 0,00001% fa più impressione di 0,1 ppm o anche 0,0000001 senza il % che è ancora più lungo. Presi dall’entusiasmo per così tanti zeri ci sono anche marche che vantano cosmetici con meno di 0,000001% di nickel quantità inferiore a quella che possiamo tranquillamente trovare nell’acqua potabile.
Concludendo:
prima di forare i lobi delle orecchie e di farsi un pierching pensateci 3 volte, l’allergia al nickel è in agguato e, in casi fortunatamente rari di ipersensibilizzazione, può dare reazioni anche severe.
Chi non è allergico non ha nulla di cui preoccuparsi.
I cosmetici sul mercato, se prodotti rispettando le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità o linee guida produttive GMP, possono contenere tracce di nickel ma in quantità che nella maggioranza dei casi, su pelle integra, non producono reazioni anche in chi è sensibilizzato.
L’esposizione a eventuali tracce di nickel dovuta a cosmetici da risciacquare è normalmente irrilevante.
I prodotti con una probabilità più alta di essere contaminati da nickel sono quelli per makeup o quelli con alte concentrazioni di fanghi o argille. Anche alcuni estratti erbali possono contenere nickel a concentrazioni significative, ma vengono normalmente inseriti nel cosmetico a concentrazioni basse per cui il contributo di nickel risulta irrilevante.
Non c’è consenso su una possibile immunotolleranza acquisita al nickel.
Chi è gravemente allergico può ridurne al massimo l’esposizione adottando cosmetici “nickel tested”.
Rodolfo Baraldini
pubblicato 30 gennaio 2016
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Una direttiva europea ed alcune norme nazionali hanno da anni imposto una limitazione del nickel che può essere rilasciato da gioielli, orecchini ed altri oggetti a contatto con la pelle.
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Nonostante la commercializzazione di prodotti non a norme e la aumentata diffusione dei piercing e dei tatuaggi, in alcuni paesi europei dove queste limitazioni sono state applicate si è rilevata una riduzione dell’incidenza delle dermatiti da contatto al nickel.
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Rodolfo Baraldini
pubblicato 30 gennaio 2016
La allergia è una malattia, le informazioni ed opinioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico. |
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