LA BUFALA DEI SOLARI FISICI E CHIMICI, BUONI E CATTIVI
Tutti i filtri solari sono CHIMICI, in quanto tutte le sostanze esistenti , l’acqua, l’emoglobina, la clorofilla ecc.. sono sostanze chimiche.
Tutti i filtri solari sono FISICI , in quanto il fenomeno FISICO di assorbire, diffondere e/o riflettere le radiazioni elettromagnetiche è comune a tutte le sostanze.
L’utilizzo di una errata definizione e distinzione tra filtri CHIMICI e FISICI non è solo il frutto di eccessiva semplificazione o ignoranza.
Si vorrebbe far intendere, appoggiandosi ad una sotterranea diffusa chemofobia, che alcune sostanze sono BUONE ed altre, CATTIVE.
Triste notare come questa esigenza marketing di promuovere un cosmetico in funzione di qualche suo ingrediente, si sia evoluta, anche in consumatori che vorrebbero essere più consapevoli, in una vera ossessione per gli INGREDIENTI che porta a demonizzarne alcuni anzichè altri.
La valutazione del rapporto rischio/beneficio di un cosmetico per protezione solare, è molto più complessa rispetto ad un “normale” cosmetico.
Non a caso la FDA americana, classifica i solari più come farmaci o parafarmaci, che come cosmetici.
Il problema semantico.
Assodato che la distinzione/definizione FILTRI CHIMICI / FILTRI FISICI è insensata, come è un nonsense negativizzare tutto ciò che è chimico, vediamo come li si potrebbe denominare.
Alcuni hanno introdotto la definizione FILTRI MINERALI per l’ossido di zinco ed il biossido di titanio e tutti gli altri filtri, NON MINERALI o chimici.
Anche questa definizione non è corretta e vorrebbe far intendere che OSSIDO DI ZINCO (ZnO) e BIOSSIDO DI TITANIO (TiO2) sono frutto di una semplice attività estrattiva/mineraria che non comporta complesse lavorazioni chimiche.
Peccato che anche il petrolio e l’OLIO MINERALE (appunto!) , sono frutto di “semplice” attività estrattiva e che le lavorazione per produrre l’OSSIDO DI ZINCO ed il BIOSSIDO DI TITANIO utilizzati come filtri solari sono lavorazioni chimiche complesse, non molto più semplici e meno inquinanti di quelle utilizzate per raffinare o trasformare dei derivati petroliferi.
Qualche esperto ha pensato di definirli FILTRI ORGANIC e INORGANIC ( ORGANICI e INORGANICI ).
Questa definizione è corretta, se fa riferimento alla distinzione tra CHIMICA ORGANICA e CHIMICA INORGANICA.
Peccato che crei una enorme confusione visto che sul mercato americano, e non solo, ORGANIC vengono definite tutte le sostanza derivate da agricoltura biologica ed in italia sono chiamati ORGANICI i rifiuti biodegradabili.
CHE CONFUSIONE !! Si capisce perchè sui solari circoli tanta cattiva informazione e spesso tante BUFALE.
Per fare chiarezza, personalmente utilizzerò d’ora innanzi, solo definizioni inequivocabili:
FILTRI METALLICI e NON METALLICI oppure
FILTRI SOLUBILI o NON SOLUBILI se SI CONSIDERA IL POSSIBILE EFFETTO SCATTERING.
Lo scattering
wikipedia: Diffusione_ottica
Un teorico vantaggio nell’azione filtrante di ZnO e TiO2, come in tanti altri filtri metallici, sta in un possibile effetto scattering sulla pelle.
La radiazione ultravioletta con molteplici riflessioni, RIMBALZANDO TRA LE PARTICELLE, viene in gran parte riflessa o assorbita .
Sapendo che lo scattering è un fenomeno reale che può realizzarsi in particolari condizione , forzando un po’ le leggi dell’ottica, da qualche anno un grande fornitore di materie prime per la cosmesi ha fatto approvare e commercializzato un filtro solare non METALLICO che vanta tra le sue azioni una capacità di filtrare gli UV , anche per scattering.
Si tratta del Tinosorb M, cioè nanoparticelle di Methylene Bis-Benzotriazolyl Tetramethylbutylphenol disperse in acqua.
Il Methylene Bis-Benzotriazolyl Tetramethylbutylphenol ha un buon assorbimento degli UV, ma in più è INSOLUBILE, quindi si può ipotizzare che restando in dispersione le nanoparticelle diffondano caoticamente ( sparpaglino ) la radiazione UV che le attraversa.
Ha un peso molecolare di 658,88 ma essendo insolubile si presenta in agglomerati-particelle dai 50 ai 200 nm.
In una adeguata dispersione potrebbe effettivamente realizzare lo scattering una volta applicato sulla pelle.
La teoria che i FILTRI INSOLUBILI siano maggiormente efficaci per lo scattering si scontra con il fatto che una volta applicato sulla pelle il cosmetico crea uno strato con uno spessore medio, non uniforme, di circa 5-8 um destinato a dimezzarsi in poco tempo a causa dell’evaporazione dell’acqua. Si potrebbe avere un rilevante effetto scattering solo se le particelle filtranti sono tante e di dimensione molto piccola (nano o quasi-nano) rispetto allo spessore del film di cosmetico applicato dopo che è evaporata l’acqua ( o l’alcohol o i siliconi volatili ).
L’energia dei fotoni che vengono assorbiti dai filtri solari , tutti i filtri solari, può innescare effetti indesiderati che vanno dalla photoinattivazione e photoinstabilità del filtro stesso, alla photoreattività e generiche azioni photocatalitiche rispetto alle sostanze e tessuti circostanti.
Per ridurre sia la photoinstabilità, sia la photoreattività sono indispensabili vari accorgimenti formulativi, non semplici.
Infatti la photostabilità dei diversi sistemi filtranti è influenzata anche dagli altri ingredienti del cosmetico: gli emollienti, i conservanti, eventuali antiossidanti .
Le problematiche relative alla photostabilità e photoreattività dei sistemi filtranti non sono normate, quindi il consumatore non può sapere se e cosa ha fatto il produttore del cosmetico per risolvere questi problemi.
Visto che una sostanza chimica può, per assorbimento di raggi UV-A e UV-B, cambiare la sua configurazione molecolare o essere trasformata in una sostanza chimica diversa, le procedure per l’approvazione di nuovi ingredienti cosmetici finalizzati alla protezione solare sono lunghe e complesse. Capita poi spesso che ingredienti approvati in alcuni paesi in altri non siano considerati sufficientemente sicuri.
La tossicità per l’uomo di tutti i filtri solari ammessi dalla normativa europea è molto bassa. Esistono comunque dei rischi di reazioni cutanee, specialmente per i filtri solari che possono penetrare la barriera cutanea. Molti filtri SOLUBILI ( i cosidetti CHIMICI ) sono derivati da molecole prese dal mondo vegetale ( acido paraminobenzoico, acido salicilico, acido cinnamico ). Alcune di queste, in grandi quantità, potrebbero realizzare interferenze endocrine. Alle difficoltà nella valutazione del rischio/beneficio dei diversi filtri solari, si aggiungono altri fattori .
Come tutti gli ingredienti cosmetici anche i filtri solari non sono assolutamente puri. Le impurità di processo sono comuni.
Alcune contaminazioni, come quella del piombo nei filtri metallici, sono veramente comuni. Questo spiega anche perchè è così difficile trovare rossetti completamente privi di piombo .
Alcune sostanze, come l’ossido di zinco, sono considerate nocive per l’ambiente acquatico.In genere si può dire che tutti i filtri metallici non possono avere un buon impatto ambientale e che non sono biodegradabili o biocompatibili.
Se non bastassero tutte queste problematiche poi il miglior sistema filtrante i raggi UV potrebbe risultare assolutamente inutile se non si garantisse la sostantività , cioè che il filtro solare, una volta applicato, resti sulla pelle a lungo e non possa essere facilmente rimosso dal sudore o altro.
Anche questo parametro non è normato e non esistono test se non per i prodotti per protezione solare che si dichiarano water resistant o waterproof.
Comunque ho l’impressione che il numero di test realizzati in laboratori qualificati sia molto inferiore del numero di prodotti per protezione solare che si vedono sul mercato e che da quando sono stati introdotti i test in vitro e i simulatori matematici, molti SPF sul mercato siano stati calcolati senza neppure eseguire il test in vivo secondo le norme COLIPA.
Concludendo:
La materia è complessa e la valutazione dei rapporti rischio/beneficio è ardua anche per gli esperti.
Tutti i filtri solari autorizzati dalla severa normativa europea presentano contemporaneamente vantaggi e svantaggi e possono essere valutati come BUONI e CATTIVI nello stesso tempo.
Al momento l’ossido di zinco non è autorizzato da direttiva e regolamento europeo come filtro solare.
Il consumatore, anche informato e consapevole, difficilmente può capire molto di queste problematiche cercando di interpretare una etichetta ed una lista di ingredienti.
Controlli complessi e costosi come quello sui possibili contaminanti delle materie prime, o sui rischi di photoreattività e photoinstabilità, è più probabile che siano stati svolti per formulazioni destinate a grandi produzioni di cosmetici solari piuttosto che per piccole produzioni.
Rodolfo Baraldini
pubblicato 8 giugno 2013
Riferimenti:
Tutti i filtri solari sono FISICI , in quanto il fenomeno FISICO di assorbire, diffondere e/o riflettere le radiazioni elettromagnetiche è comune a tutte le sostanze.
L’utilizzo di una errata definizione e distinzione tra filtri CHIMICI e FISICI non è solo il frutto di eccessiva semplificazione o ignoranza.
Si vorrebbe far intendere, appoggiandosi ad una sotterranea diffusa chemofobia, che alcune sostanze sono BUONE ed altre, CATTIVE.
Triste notare come questa esigenza marketing di promuovere un cosmetico in funzione di qualche suo ingrediente, si sia evoluta, anche in consumatori che vorrebbero essere più consapevoli, in una vera ossessione per gli INGREDIENTI che porta a demonizzarne alcuni anzichè altri.
La valutazione del rapporto rischio/beneficio di un cosmetico per protezione solare, è molto più complessa rispetto ad un “normale” cosmetico.
Non a caso la FDA americana, classifica i solari più come farmaci o parafarmaci, che come cosmetici.
Il problema semantico.
Assodato che la distinzione/definizione FILTRI CHIMICI / FILTRI FISICI è insensata, come è un nonsense negativizzare tutto ciò che è chimico, vediamo come li si potrebbe denominare.
Alcuni hanno introdotto la definizione FILTRI MINERALI per l’ossido di zinco ed il biossido di titanio e tutti gli altri filtri, NON MINERALI o chimici.
Anche questa definizione non è corretta e vorrebbe far intendere che OSSIDO DI ZINCO (ZnO) e BIOSSIDO DI TITANIO (TiO2) sono frutto di una semplice attività estrattiva/mineraria che non comporta complesse lavorazioni chimiche.
Peccato che anche il petrolio e l’OLIO MINERALE (appunto!) , sono frutto di “semplice” attività estrattiva e che le lavorazione per produrre l’OSSIDO DI ZINCO ed il BIOSSIDO DI TITANIO utilizzati come filtri solari sono lavorazioni chimiche complesse, non molto più semplici e meno inquinanti di quelle utilizzate per raffinare o trasformare dei derivati petroliferi.
Qualche esperto ha pensato di definirli FILTRI ORGANIC e INORGANIC ( ORGANICI e INORGANICI ).
Questa definizione è corretta, se fa riferimento alla distinzione tra CHIMICA ORGANICA e CHIMICA INORGANICA.
Peccato che crei una enorme confusione visto che sul mercato americano, e non solo, ORGANIC vengono definite tutte le sostanza derivate da agricoltura biologica ed in italia sono chiamati ORGANICI i rifiuti biodegradabili.
CHE CONFUSIONE !! Si capisce perchè sui solari circoli tanta cattiva informazione e spesso tante BUFALE.
Per fare chiarezza, personalmente utilizzerò d’ora innanzi, solo definizioni inequivocabili:
FILTRI METALLICI e NON METALLICI oppure
FILTRI SOLUBILI o NON SOLUBILI se SI CONSIDERA IL POSSIBILE EFFETTO SCATTERING.
Lo scattering
wikipedia: Diffusione_ottica
Un teorico vantaggio nell’azione filtrante di ZnO e TiO2, come in tanti altri filtri metallici, sta in un possibile effetto scattering sulla pelle.
La radiazione ultravioletta con molteplici riflessioni, RIMBALZANDO TRA LE PARTICELLE, viene in gran parte riflessa o assorbita .
Sapendo che lo scattering è un fenomeno reale che può realizzarsi in particolari condizione , forzando un po’ le leggi dell’ottica, da qualche anno un grande fornitore di materie prime per la cosmesi ha fatto approvare e commercializzato un filtro solare non METALLICO che vanta tra le sue azioni una capacità di filtrare gli UV , anche per scattering.
Si tratta del Tinosorb M, cioè nanoparticelle di Methylene Bis-Benzotriazolyl Tetramethylbutylphenol disperse in acqua.
Il Methylene Bis-Benzotriazolyl Tetramethylbutylphenol ha un buon assorbimento degli UV, ma in più è INSOLUBILE, quindi si può ipotizzare che restando in dispersione le nanoparticelle diffondano caoticamente ( sparpaglino ) la radiazione UV che le attraversa.
Ha un peso molecolare di 658,88 ma essendo insolubile si presenta in agglomerati-particelle dai 50 ai 200 nm.
In una adeguata dispersione potrebbe effettivamente realizzare lo scattering una volta applicato sulla pelle.
La teoria che i FILTRI INSOLUBILI siano maggiormente efficaci per lo scattering si scontra con il fatto che una volta applicato sulla pelle il cosmetico crea uno strato con uno spessore medio, non uniforme, di circa 5-8 um destinato a dimezzarsi in poco tempo a causa dell’evaporazione dell’acqua. Si potrebbe avere un rilevante effetto scattering solo se le particelle filtranti sono tante e di dimensione molto piccola (nano o quasi-nano) rispetto allo spessore del film di cosmetico applicato dopo che è evaporata l’acqua ( o l’alcohol o i siliconi volatili ).
L’energia dei fotoni che vengono assorbiti dai filtri solari , tutti i filtri solari, può innescare effetti indesiderati che vanno dalla photoinattivazione e photoinstabilità del filtro stesso, alla photoreattività e generiche azioni photocatalitiche rispetto alle sostanze e tessuti circostanti.
Per ridurre sia la photoinstabilità, sia la photoreattività sono indispensabili vari accorgimenti formulativi, non semplici.
Infatti la photostabilità dei diversi sistemi filtranti è influenzata anche dagli altri ingredienti del cosmetico: gli emollienti, i conservanti, eventuali antiossidanti .
Le problematiche relative alla photostabilità e photoreattività dei sistemi filtranti non sono normate, quindi il consumatore non può sapere se e cosa ha fatto il produttore del cosmetico per risolvere questi problemi.
Visto che una sostanza chimica può, per assorbimento di raggi UV-A e UV-B, cambiare la sua configurazione molecolare o essere trasformata in una sostanza chimica diversa, le procedure per l’approvazione di nuovi ingredienti cosmetici finalizzati alla protezione solare sono lunghe e complesse. Capita poi spesso che ingredienti approvati in alcuni paesi in altri non siano considerati sufficientemente sicuri.
La tossicità per l’uomo di tutti i filtri solari ammessi dalla normativa europea è molto bassa. Esistono comunque dei rischi di reazioni cutanee, specialmente per i filtri solari che possono penetrare la barriera cutanea. Molti filtri SOLUBILI ( i cosidetti CHIMICI ) sono derivati da molecole prese dal mondo vegetale ( acido paraminobenzoico, acido salicilico, acido cinnamico ). Alcune di queste, in grandi quantità, potrebbero realizzare interferenze endocrine. Alle difficoltà nella valutazione del rischio/beneficio dei diversi filtri solari, si aggiungono altri fattori .
Come tutti gli ingredienti cosmetici anche i filtri solari non sono assolutamente puri. Le impurità di processo sono comuni.
Alcune contaminazioni, come quella del piombo nei filtri metallici, sono veramente comuni. Questo spiega anche perchè è così difficile trovare rossetti completamente privi di piombo .
Alcune sostanze, come l’ossido di zinco, sono considerate nocive per l’ambiente acquatico.In genere si può dire che tutti i filtri metallici non possono avere un buon impatto ambientale e che non sono biodegradabili o biocompatibili.
Se non bastassero tutte queste problematiche poi il miglior sistema filtrante i raggi UV potrebbe risultare assolutamente inutile se non si garantisse la sostantività , cioè che il filtro solare, una volta applicato, resti sulla pelle a lungo e non possa essere facilmente rimosso dal sudore o altro.
Anche questo parametro non è normato e non esistono test se non per i prodotti per protezione solare che si dichiarano water resistant o waterproof.
Comunque ho l’impressione che il numero di test realizzati in laboratori qualificati sia molto inferiore del numero di prodotti per protezione solare che si vedono sul mercato e che da quando sono stati introdotti i test in vitro e i simulatori matematici, molti SPF sul mercato siano stati calcolati senza neppure eseguire il test in vivo secondo le norme COLIPA.
Concludendo:
La materia è complessa e la valutazione dei rapporti rischio/beneficio è ardua anche per gli esperti.
Tutti i filtri solari autorizzati dalla severa normativa europea presentano contemporaneamente vantaggi e svantaggi e possono essere valutati come BUONI e CATTIVI nello stesso tempo.
Al momento l’ossido di zinco non è autorizzato da direttiva e regolamento europeo come filtro solare.
Il consumatore, anche informato e consapevole, difficilmente può capire molto di queste problematiche cercando di interpretare una etichetta ed una lista di ingredienti.
Controlli complessi e costosi come quello sui possibili contaminanti delle materie prime, o sui rischi di photoreattività e photoinstabilità, è più probabile che siano stati svolti per formulazioni destinate a grandi produzioni di cosmetici solari piuttosto che per piccole produzioni.
Rodolfo Baraldini
pubblicato 8 giugno 2013
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- sccs opionion ZnO nano , anno 2012
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- http://www.docstoc.com/docs/73348448/Anaphylaxis-caused-by-topical-application-of-sunscreen
- http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19856938
- http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10759815
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