I miracoli di Padre Bio
Ritengo non abbia avuto adeguata risonanza una indagine pubblicata da L’altroconsumo.
Altroconsumo: non crediamo in bio
La conclusione di questa indagine nel comparto alimentare “Chi sceglie il bio per motivi salutistici, sappia che spende di più per una ragione infondata.” potrebbe avere una ricaduta anche sul mercato della cosmesi.
Il colossale fraintendimento, al limite della bufala cosmetica, è legato al fatto che, almeno fino ad ora, il termine Bio , Vita in greco, non ha significati standard per il cosmetico, per cui ognuno può cantarsela e suonarsela come gli pare, basta che trovi abbastanza consumatori che credono a quello che racconta.
Ma se poi , non significando nulla di preciso, definirsi BIO nel cosmetico illude il consumatore del fatto che il cosmetico sia “più sicuro o salutare” quando neppure nell’alimentare questo è vero allora abbiamo un problema.
Chi frequenta agronomi e centri lavorazione frutta e verdura avrà visto quanto l’industria alimentare si sia organizzata per tutelare la credibilità della classificazione “biologica” da quando esiste una precisa legge che la definisce. Si è passati dalle selezioni della frutta, dove quella bacata/fallata veniva “furbescamente” venduta come biologica a procedure di qualità dove controlli e analisi in tutta la filiera riducono il rischio di “contaminazioni” da fitofarmaci.
Nonostante questo anche i prodotti da agricoltura biologica possono essere contaminati da pesticidi non “biologici” ed i dati raccolti da altroconsumo non fanno che confermare l’inchiesta ad ampio spettro dell’EFSA sui pesticidi.
La probabilità che cibo venduto come “biologico” sia contaminato da pesticidi oltre il limite di legge è comunque più bassa, ma questo non comporta che il cibo “biologico” sia più nutriente o più sicuro di quello non biologico.
E il cosmetico “biologico” allora?
Si contano sulle dita di una mano di un addetto al reparto tranciatura lamiere le aziende cosmetiche che controllano il tenore di pesticidi di tutti gli ingredienti vegetali in ingresso e non c’è alcuna evidenza sul fatto che un ingrediente da agricoltura “biologica” sia più efficace o più “sicuro”.
Ciò nonostante, il dichiararsi BIO nella cosmesi fa miracoli.
Fa vendere il cosmetico bene e a prezzi più alti.
Nella qual cosa non c’è niente di male. È il “bello” delle mode e delle fedi.
Quello cosmetico è un mercato di prodotti di consumo e comunque li si chiami, Bio o Oib, quello che conta è trovare abbastanza consumatori che credono a quello che gli si racconta .
I prezzi li fa il mercato ed ora che grandi produzioni si sono interessate alla moda “bio” si trovano anche cosmetici “bio” a prezzi più bassi.
Ma nel montare della moda del cosmetico “bio” si sono viste molte cose perlomeno “curiose”.
Filtri UV minerali classificati come “biologici”, cosmetici solari che dichiarano una protezione solare sbagliata ( es: 40+) o improbabile, cosmetici skin care chelati con l’etidronate, che è proibito, per non usare l’EDTA che è consentito, siliconi “biologici” ed altre assurdità simili.
Così la moda “bio” nel cosmetico si è approfittata di un consumatore che credendo di essere più consapevole e responsabile è solo stato preso per il naso più facilmente.
Ma questo è un vecchio discorso: niente di più facile per ingannare qualcuno che fargli credere che è più furbo o che lui ne sa di più…
Rodolfo Baraldini
pubblicato 21 novembre 2015
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Riferimenti:
Altroconsumo: non crediamo in bio
EFSA: The 2012 European Union Report on pesticide residues in food..
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